03 novembre 2006

blog (parte quinta)

Riprendo, dopo una pausa che non sospettavo così lunga, le fila della mia riflessione su blog e identità. (per chi fosse così fortunato da aver perso le parti precedenti e così perverso da volerle recuperare può trovarle qui: prima, seconda, terza e quarta).
Queste righe potrebbero avere il titolo "ombeglog" (blog e ombelico) se non fosse che questo in teoria vale per molti diari online.
Esistono però casi paradgmatici, che ben si prestano a far emergere considerazioni che, pur essendo generali, non sempre è possibile esemplificare con sufficiente chiarezza.
Ma spostiamo il piano del discorso e vediamo cosa accade.
Migliaia di tomi sono stati dedicati al problema dell'altro, del diverso, o al problema del rapporto tra natura e cultura, al tema dell'educazione o delle relazioni tra individui di culture diverse.
A volte accade - secondo me molto spesso, ma non vogliamo irritare nessuno - che le immagini abbiano una potenza evocativa che le parole non possono uguagliare. Le immagini in movimento non sfuggono a questa possibilità. E quindi per parlare di blog, ombelichi e identità parliamo di film. Di due film.
Cominciamo con The elephant man. La trama la conoscete immagino (se non così non fosse, cliccate sul link), in breve comunque il protagonista, colpito da una malattia degenerativa che gli deturpa il volto viene salvato dal destino di essere un'attrazione da circo e vive una breve stagione di serenità, un grande momento di felicità e consenso (la scena dell'applauso al teatro) e poi decide di togliersi la vita.
Non vi sembra il destino di molti blogger?
Escono da un anonimato sofferente, raccolgono per un breve periodo di tempo consenso e accettazione, spesso senza consapevolezza della condizione di freak che continuano a ricoprire, illusi dalla convinzione di far parte di un "mondo virtuale" dove costruirsi una identità nuova che nessun legame ha con la loro condizione esistenziale "reale" (e purtroppo a volte vengono clamorosamente smentiti), e finiscono con un suicidio - grazie a dio spesso solamente virtuale.
E continua a rimanere dolorosamente intatta la condizione di freak nella vita reale.

Il secondo film è L'enigma di Kaspar Hauser. Per alcuni aspetti riecheggia Ragazzo selvaggio, ma ai fini del nostro discorso "marginale" sui blog ci interessa il fatto che Kaspar viene ritrovato in una piazza, con un biglietto in mano che dice solamente che fino a quel momento ha vissuto presso un contadino che non può più occuparsene. Il protagonista delira, è allucinato, non parla quasi; ma si riprende, vuole vivere e vuole imparare, anche se a un certo punto dichiara che il mondo gli piace sempre meno.
Qui metafore e analogie si sprecano: il blogger "sbarca" sulla "piazza" di Internet, in un momento di cambiamento totale della vita, e nessuno sa nulla della sua identità. Chi è? Da dove viene? Cosa l'ha ridotto così? Come andrà a finire? Il nostro blogger si apre agli altri, scrive, inventa le sue storie, inventa un mondo perché quello reale non gli piace.
La vicenda fa molto scalpore nella Norimberga del secondo decennio dell'800 e l'opinione pubblica si divide su Kaspar: c'è chi lo ritiene uno spirito libero e rivoluzionario e chi invece pensa che sia un idiota, un minorato mentale.
Il protagonista del film muore in prigione dopo alcuni anni di stenti in un circo; e anche il blogger spesso ricade nel mondo reale, la sua costruzione non regge e deve rientrare nell'anonimato.
Fortunatamente non subisce lo stesso destino di Kaspar che, sottoposto ad autopsia dopo la morte, rivela di possedere un cervello molto più piccolo del normale.
(continua)

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