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14 settembre 2009

Università

Il link di oggi lo trovate qui. Ma mi piace troppo e allora lo riporto per intero.
E' un articolo di Gian Antonio Stella

«Si dice, e speriamo che si dica il vero, che il ministro della pubblica istruzione, impaurito e seccato degli scandali occorsi nelle commissioni chiamate a giudicare pe' i concorrenti alle cattedre vacanti d' università, abbia in animo di abbandonare il sistema adottato quest' anno per l' elezione e la composizione delle commissioni. E si domanda: cosa farà ora il ministro?». «Già tutti i modi sono stati tentati. Primieramente fu affidato al consiglio superiore della pubblica istruzione l' incarico di nominare i professori. Ma c' era un male: al consiglio ogni facoltà, sia di lettere, sia di medicina, sia di giurisprudenza, è rappresentata da cinque membri che, si sa bene, essendo i soli competenti nella materia, erano quelli che soli potevano sentenziare con coscienza di causa; e senza appello eleggevano. Di qui l' influenza, esercitata a colpo sicuro per tutto l' anno che precedeva il concorso, da candidati sugli esaminatori antecedentemente designati dalla logica stessa del regolamento: e in un anno di tempo nessuno può immaginarsi a che cosa un candidato di buona volontà possa riuscire nell' animo d' un commissario non del tutto draconiano. Si arrivò, basti dire, a vagheggiare il matrimonio come titolo di concorso, dopo che qualche concorrente non aveva trovato miglior mezzo per riuscire di domandare entro l' anno la mano di sposa alla figliola di un commissario: il matrimonio si combinava per dopo il concorso; il fidanzato, manco a dirlo, riusciva primo, e allora glorioso e trionfante festeggiava in un giorno medesimo la cattedra e la moglie. La moralità dei concorsi banditi a scopo d' allevamento domestico e di propagazione scolastica gustava molto a qualche membro del consiglio superiore; e non è a dire se ci volle del bello e del buono per troncare lo scandalo. Pure, alla fine, lo scandalo fu levato di mezzo. E si stabilì un' altra norma...». Macché: questo sistema no, quest' altro no perché «non serve che a mascherar male l' arbitrio», quell' altro ancora no perché «è il peggiore di tutti»... Conclusione: «Il migliore, fin che non se ne trovi un altro, è ancora il secondo: lasciare libertà d' elezione alla facoltà...». Penserete: povera Gelmini! Quante grane con ' sti concorsi universitari! Macché: il ministro della Pubblica Istruzione in questione era Guido Baccelli, il suo premier non era Berlusconi ma Luigi Pelloux e al Quirinale non c' era Napolitano ma Umberto I. E il commento del Corriere della Sera, titolato «Le magagne dei concorsi universitari» e scovato negli archivi da Angelo Varni, il docente di Storia Contemporanea a Bologna che sta curando la prima parte della storia del nostro giornale per la «Fondazione Corriere», non è di questi giorni. È del 10 novembre 1898. Centoundici anni fa...

29 giugno 2009

La ricerca malata

La lettera di Rita Clemente al Presidente della Repubblica. Impossibile non diffonderla (e soprattutto impossibile non sottoscriverla)


Caro presidente Napolitano, chi le scrive è una non più giovane ricercatrice precaria che ha deciso di andarsene dal suo Paese
portando con sé tre figli nella speranza che un’altra nazione possa garantire loro una vita migliore di quanto lo Stato italiano abbia garantito al la loro madre. Vado via con rab bia, con la sensazione che la mia abnegazione e la mia dedi zione non siano servite a nulla. Vado via con l’intento di chie dere la cittadinanza dello Stato che vorrà ospitarmi, rinuncian do ad essere italiana.

Signor presidente, la ricerca in questo Paese è ammalata. La cronaca parla chiaro, ma oltre alla cronaca ci sono tantissime realtà che non vengono denun ciate per paura di ritorsione perché, spesso, chi fa ricerca da precario, se denuncia è auto maticamente espulso dal «siste ma » indipendentemente dai ri sultati ottenuti. Chi fa ricerca da precario non può «solo» contare sui risultati che ottie ne, poiché in Italia la benevo lenza dei propri referenti è una variabile indipendente dalla qualità del lavoro. Chi fa ricer ca da precario deve fare i conti con il rinnovo della borsa o del contratto che gli consentirà di mantenersi senza pesare sulla propria famiglia. Non può per mettersi ricorsi costosi e che molto spesso finiscono nel nul la. E poi, perché dovrebbe adi re le vie legali se docenti dichia rati colpevoli sino all’ultimo grado di giudizio per aver con dotto concorsi universitari vio lando le norme non sono mai stati rimossi e hanno continua to a essere eletti (dai loro colle ghi!) commissari in nuovi con corsi?

Io, laureata nel 1990 in Medi cina e Chirurgia all’Università di Pavia, con due specialità, in Pediatria e in Genetica medica, conseguite nella medesima Uni versità, nel 2004 ho avuto l’onore di pubblicare con pri mo nome un articolo sul New England Journal of Medicine i risultati della mia scoperta e cioè che alcune forme di linfo ma maligno possono avere un’origine genetica e che è dun que possibile ereditare dai geni tori la predisposizione a svilup pare questa forma tumorale. Ta le scoperta è stata fatta oggetto di brevetto poi lasciato decade re non essendo stato ritenuto abbastanza interessante dalle istituzioni presso cui lavoravo. Di contro, illustri gruppi di ri cerca stranieri hanno conferma to la mia tesi che è diventata ora parte integrante dei loro progetti: ma, si sa, nemo profe ta in Patria.

Ottenere questi risultati mi è costato impegno e sacrifici: mettevo i bambini a dormire e di notte tornavo in laboratorio, non c’erano sabati o domeni che...

Lavoravo, come tutti i precari, senza versamenti pen sionistici, ferie, malattia. Ho avuto contratti di tutti i tipi: borse di studio, co-co-co, con tratti di consulenza... Come ul timo un contratto a progetto presso l’Istituto di Genetica me dica dell’Università di Pavia, fi nanziato dal Policlinico San Matteo di Pavia.

Sia chiaro: nessuno mi impo neva questi orari. Ero spinta dal mio senso del dovere e dal la forte motivazione di aiutare chi era ammalato. Nel febbraio 2005 mi sono vista costretta a interrompere la ricerca: mi era stato detto che non avrei avuto un futuro. Ho interrotto una ri cerca che molti hanno giudica to promettente, e che avrebbe potuto aggiungere una tessera al puzzle che in tutto il mondo si sta cercando di completare e che potrebbe aiutarci a sconfig gere il cancro.

Desidero evidenziare pro prio questo: il sistema antimeri tocratico danneggia non solo il singolo ricercatore precario, ma soprattutto le persone che vivono in questa Nazione. Una «buona ricerca» può solo aiuta re a crescere; per questo moti vo numerosi Stati europei ed extraeuropei, pur in periodo di profonda crisi economica, han no ritenuto di aumentare i fi­nanziamenti per la ricerca.

È sufficiente, anche in Italia, incrementare gli stanziamenti? Purtroppo no. Se il malcostu me non verrà interrotto, se chi è colpevole non sarà rimosso, se non si faranno emergere i migliori, gli onesti, dare più soldi avrebbe come unica con seguenza quella di potenziare le lobby che usano le Universi tà e gli enti di ricerca come feu do privato e che così facendo distruggono la ricerca.
Con molta amarezza, signor presidente, la saluto.

Rita Clementi

28 novembre 2006

Università

Sul corriere della sera Piero Ichino interviene sul tema università e selezione: