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09 febbraio 2008

Socrate - parte seconda

I Trenta vengono sconfitti dai democratici di Trasibulo, e non senza l'appoggio di un'altra fazione spartana, quella di Pausania, che si oppone a Lisandro, primo ispiratore del governo fantoccio.


I superstiti dei tiranni si rifugiano ad Eleusi (Crizia è già stato ucciso in battaglia).
Verranno uccisi tre anni dopo, a tradimento. Senofonte invece se ne va a combattere con Ciro, e poi ci racconta come è andata nell'Anabasi.


Ad Atene intanto si delibera una sorta di amnistia generale, alla ricerca della pacificazione della città; dall'amnistia vengono esclusi solo i reati di sangue.

Perchè c'entra il processo a Socrate con tutta questa vicenda.

Che nello stesso anno non viene processato solo lui, ma sono celebrati almeno altri quattro/cinque procedimenti, tutti a carico di persone con legami con i Trenta, e tutti - più o meno - con accuse vere, anche se pretestuose.

E pare alquanto probabile che, lungi dal voler colpire il Socrate "filosofo" si trattasse di andare a prendere il Socrate maestro di Crizia e Senofonte, certamente una figura emblematica tra quelli "rimasti in città", acquiescenti quando non collaboratori della tirannide. E che costoro avessero impedito a Socrate di avere contatti con i giovani della città non sembrava poi tanto a suo favore, considerato che a nessuno, nè democratico nè oligarca aveva mai sopportato più di tanto l'influenza di Socrate sui giovani.

Ma torniamo un po' indietro oppure, andiamo avanti, come preferite, che quello che sappiamo di Socrate viene scritto negli anni - e nei secoli - successivi alla sua morte.

Partiamo dal grande pubblicitario di Socrate, dal suo esperto del marketing, quello che ci ha confezionato l'immagine grandiosa del filosofo: Platone.

Il Socrate consegnato alla filosofia - e alla storia - è quello che emerge dai dialoghi platonici. Vediamone qualcuno.


Eutifrone
Socrate è convocato dall'arconte, e davanti al tribunale incontra Eutifrone. Ovviamente Socrate gli chiede cosa fa in tribunale (oh, i fatti suoi mai eh, Socrate?) e il tipo gli dice che è andato a denunciare il padre, che ha commesso un assassinio. Socrate lo convince che denunciare il padre è un atto di empietà.

Fedone
Il dialogo è ambientato in carcere. E' arrivata la nave da Delo ed è quindi l'ultimo giorno di vita per Socrate. Si sparge la voce e gli amici si precipitano da lui, e li trovano Santippe con il figlio piccolo di Socrate in braccio (talchè si può desumente che Santippe avesse una trentina d'anni meno del marito). Ben felice di sparare cazzate bevendo con gli amici Socrate, senza nemmeno salutarli, fa sbattere fuori moglie e figlio.

Cratilo
In questo dialogo Socrate discute con un seguace di Eraclito, e perde. Nonostante gli sforzi di Platone perde. Tanto è vero che l'ultima frase del dialogo è di Cratilo che dice: " Socrate [...] cerca di riflettere ancora su questo problema" (traduzione: fesso, non hai capito niente).

Teeteto
Qui la voce narrante è quella di Terpsione che, molti anni dopo, racconta il dialogo tra Socrate e Teeteto ragazzino. Qui Socrate cerca di incastrare Teodoro (che non c'è), maestro del ragazzo, e non ci riesce nemmeno. Bella correttezza, direte voi e dico io. Fortunatamente lo deve mollare per andare in tribunale (Platone insiste spesso su questa cosa del tribunale, chi frequenta usenet riconoscerà meccanismi compulsivi ben noti al limite del lamerismo), anche perchè non contento di tentare di mettere il buca il ragazzino cerca anche di sedurlo e gli da appuntamento per il giorno dopo, stesso posto, stessa ora. No dico, questo sta andando in tribunale per difendersi da un'accusa che prevede la pena di morte, parte dell'accusa è il suo comportamento verso i ragazzini...

Sofista
E' il dialogo del giorno successivo. Avendo capito che con Socrate non si vince, Platone fa intervenire un altro, e a discutere con Teeteto ci mette un straniero di Elea, che sostiene le tesi di Platone (che Socrate non sarebbe stato credibile a criticare Parmenide, e questo lo sapeva bene anche il suo allievo). Stronzo come nessuno, Platone mette un concittadino di Parmenide a distruggerlo. Qualcuno ha parlato di "messa in scena di parricidio", mi pare eccessivo ma rende l'idea della bastardaggine di Platone.

Politico
Siamo sempre nello stesso giorno. Teeteto non c'entra niente, ma c'è ancora. Socrate non lo molla un minuto il ragazzino.

Fedro
Di questo dialogo permettetemi di riportare e commentare le frasi iniziali:

SOCRATE: Caro Fedro, dove vai e da dove vieni? (al solito, Socrate curioso come una scimmia)

FEDRO: Dalla casa di Lisia, Socrate, il figlio di Cefalo, (1) e vado a fare una passeggiata fuori dalle mura. Ho passato parecchio tempo là seduto, fin dal mattino; e ora, seguendo il consiglio di Acumeno,compagno mio e tuo, faccio delle passeggiate per le strade, poiché, a quanto dice, tolgono la stanchezza più di quelle sotto i portici.

SOCRATE: E dice bene, amico mio. Dunque Lisia era in città, a quanto pare. (qui si capisce benissimo che Socrate rosica)

FEDRO: Sì, alloggia da Epicrate, nella casa di Monco, quella vicino al tempio di Zeus Olimpio.

SOCRATE: E come avete trascorso il tempo? Lisia non vi ha forse imbandito, è chiaro, i suoi discorsi? (è chiaro che è furente, questi non solo banchettano con Lisia dalla mattina presto, ma si lasciano anche incantare dai suoi discorsi)

FEDRO: Lo saprai, se hai tempo di ascoltarmi mentre cammino.

SOCRATE: Ma come? Credi che io, per dirla con Pindaro, non faccia del sentire come avete trascorso il tempo tu e Lisia una faccenda «superiore a ogni negozio»? (e figuriamoci se non vuol sapere cosa ha detto Lisia!)

FEDRO: Senza dubbio, Socrate, l'ascolto ti si addice, poiché il discorso su cui ci siamo intrattenuti era, non so in che modo, sull'amore. Lisia ha scritto di un bel giovane che viene tentato, ma non da un amante, e ha comunque trattato anche questo argomento in modo davvero elegante: sostiene infatti che bisogna compiacere chi non ama piuttosto che chi ama. (non so a voi, ma a me questa frase fa specie, è che Socrate passa sopra anche agli insulti pur di parlare di sesso. Provate a pensare, incontrate un conoscente, e questo vi dice: "oh, proprio un discorso adatto a te abbiamo fatto, si parlava di stupri di cani" voi che fate? Socrate non fa una piega invece.

Protagora
Questo dialogo comincia così:

AMICO: Da dove salti fuori, o Socrate? Ma è chiaro, sicuramente torni dalla caccia al bell'Alcibiade! L'ho visto ieri l'altro, e mi è parso ancora un bell'uomo, e tuttavia ormai uomo, sia detto fra noi, o Socrate, che si è già quasi coperto di barba!
SOCRATE: E con questo, allora? Non sei ammiratore di Omero, il quale sosteneva che l'età più grata è quella di colui al quale spunta la prima barba, appunto l'età che ha ora Alcibiade?
AMICO: E ora che fai? è veramente da lui che vieni? E in che disposizione d'animo è, il giovanotto, nei tuoi riguardi?
SOCRATE: Buona, almeno mi è sembrato; anzi, oggi in modo particolare!

Possiamo solo dedurre che insultare Socrate quando passava per la strada era sport decisamente praticato ad Atene.

E questi sono stralci scritti da chi lo difendeva, e non siamo ancora arrivati ad Aristofane.



07 febbraio 2008

Socrate - parte prima

Anche chi non sa assolutamente nulla di filosofia ha però un'immagine affettuosa e romantica in mente quando sente nominare Socrate. Socrate, il disinteressato a fronte di quegli esosi dei sofisti; Socrate, il padre della filosofia; Socrate, il combattente per la libertà sacrificato da biechi governanti, che trascinano questo povero vecchio in tribunale, un eroe di guerra!, per processarlo e condannarlo a morte. Socrate, che rifiuta di fuggire e accetta la condanna, come ci descrive Platone, con accenti gravi, tristi e forieri di accuse verso i suoi carnefici.

Platone però non c'era accanto a Socrate, ché dal maestro qualcosa l'aveva imparata, primis: pararsi il culo. E allora come oggi, non è così intelligente stare accanto a uno sotto processo, poi condannato a morte; diciamo che la gente non capisce, e può farsi idee strane. (ma ci torneremo sopra in un'altra occasione).

Socrate, dicevamo.
Qualcosa sappiamo della vita di Socrate, e le fonti più importanti sono quattro: Aristofane, Senofonte, Platone e Aristotele (Aristotele però in seconda istanza, non avendolo mai conosciuto); poi vabbe', c'è il solito Laerzio.
Nasce ad Atene nel 470-469, fa il servizio militare, qualche campagna di guerra, e nel 399 viene processato.

Secondo Diogene Laerzio, quando in una discussione entrava Socrate, spesso finiva in rissa; lo prendevano a pugni, a calci, a sputi. Quando parlava lui, la gente perdeva il lume della ragione, non capiva più nulla e avrebbe fatto qualunque cosa per farlo tacere. [un po' come oggi quando parla Calderoli insomma].

E quanto parlava Socrate, scrivere invece niente.

Perché non scrive Socrate? Si sono scritti volumi per rispondere a questa domanda, senza contare l'angoscia esistenziale di Platone, che invece scrive un sacco, e molte delle pagine da lui scritte contengono le scuse per averle scritte, ché il suo maestro gli aveva detto che scrivere era una brutta cosa che fa diventare ciechi (1).

Ho una mia bieca spiegazione sul perché Socrate non scrive. Secondo Platone Socrate conosceva Parmenide, Zenone di Elea, aveva letto Anassagora; questo mi fa supporre non che non volesse scrivere, ma che non sapesse cosa, scrivere.

E parlare in piazza è un un buon modo per dire una cosa oggi, e un'altra domani, fidando nella poca memoria, nella capacità dialettica e nella splendida, strepitosa, fantastica scusa del "so di non sapere".

Non fatevi ingannare dall'apparente modestia di questa affermazione.

Socrate la pronuncia per ribattere all'oracolo di Apollo che l'aveva indicato come l'uomo più sapiente di tutta la Grecia. Lui, fingendosi sorpreso, sostiene di non spiegarsi l'affermazione del dio, perché l'unica cosa di cui è certo è che "sa di non sapere".

Bene.

Per prima cosa possiamo dire che Socrate era maleducato, perchè se uno ti fa un complimento ti dice, che so, "sei bello" non è che puoi rispondere "bello no, ma certo più di te".
Perché è questo che Socrate risponde ad Apollo. Chè poi Apollo si incazza per molto meno eh? Ed è perfido la sua parte.

Quando Cassandra lo rifiuta, per esempio.
Lui invece di fare come il padre, Zeus, che quando le donne gli dicevano di no, le stuprava, ma poi la cosa finiva lì, e se andava bene nasceva anche un semidio, Apollo, da figlio viziato, faceva lo sdegnoso e si vendicava atrocemente.

E a Cassandra fa il dono di profetare, senza essere mai creduta.
Una bella condanna, se ci pensate.

Voi non solo avete sempre ragione, ma lo sapete prima, e tutti vi prendono per i fondelli, e dopo un po' vi schivano pure, che non solo continuano a non credere alle vostre parole, ma sono anche certi che portate sfiga.
E questo per tutta la vita, e solo per non aver voluto, una volta, cedere alle avances di Apollo.

Ma torniamo a Socrate che, proclamandosi come non sapiente, in realtà afferma che sa una cosa che il dio ignora: "sa di non sapere".
E mette a tacere un dio.
E poi ci si meraviglia se l'accusano di empietà.

Come stupirsi, quindi, se gli umani che non hanno, spesso, il dono della divina pazienza, davanti a qualche sua sparata in piazza regolassero la questione a cazzotti.

Socrate per un po' fa lo scultore, come il padre Sofronisco. La madre, Fenarete, era levatrice, non apparteneva dunque ai ceti più elevati, anzi diciamo pure che l'unica cosa che cerca, nei paraggi dell'aristocrazia ateniese, sono i ragazzini.

Alcibiade e Platone sono solo i più famosi, ma a quanto pare Socrate faceva strage di cuori, e non solo, che la castità non era una delle sue qualità più famose, se dobbiamo proprio credere ad Alcibiade. Anzi a Platone, che in dialogo mette in scena un racconto di Alcibiade.

Che racconta di essersi infilato nel letto di Socrate, e di aver passato la notte in completa sicurezza, come se avesse dormito con il padre, o con un fratello.
E lo racconta a più riprese, e sembra essere lui il primo a non crederci.
Che diamine! Socrate non aveva mai rifiutato un giro di giostra a nessuno!
Per quale diavolo di motivo lui -Alcibiade il bellissimo, sogno di tutti gli uomini di Atene - doveva essere il primo?

E si capisce anche che chi lo ascolta gli crede a fatica, e solo perché lui è Alcibiade e spesso paga il vino, che è brutto dare del bugiardo a uno che ti paga l'aperitivo una sera si e una no, e che per di più gira in compagnia dei suoi amici aristocratici sempre pronti a menare le mani.

A un certo punto Socrate viene sorteggiato per entrare nel consiglio dei Cinquecento; caso volle che qualche tempo dopo il consiglio dei Cinquecento dovette giudicare il comportamento dei generale ateniesi nella battaglia delle Arginuse; che gli strateghi la vincono quella battaglia, ma non si fermano a soccorrere i soldati caduti in mare - ateniesi e concittadini.

Tutti quelli chiamati (cinquecento!) a giudicare se i generali devono essere processati votano per il processo, tranne Socrate.
Ovviamente il processo viene istruito e gli imputati condannati.

Poi Atene perde la guerra del Peloponneso e Sparta impone sulla città un governo fantoccio, quello dei Trenta Tiranni. Leader dei Trenta era Crizia, zio di Platone, e a sua volta seguace di Socrate; tra loro c'è anche Senofonte, altro allievo di Socrate.

Senofone è un cavaliere, e proprio la cavalleria si distingue per la ferocia con cui combatte.

Comincia un periodo di terrore per Atene, i simpatizzanti del partito democratico scappano in massa dalla città per non venire uccisi, e si impadroniscono del Pireo, dal quale escono per combattere. E' la guerra civile.

A un certo punto i Trenta decidono che le retrovie della città non sono sicure, e scelgono Eleusi come roccaforte, ma ad Eleusi ci sono gli eleusini.

E che fanno i Trenta?

Mettono in scena un falso censimento: mano a mano che gli uomini vengono registrati devono uscire dalla porta della città, ma appena fuori dalle mura i cavalieri schierati su due file li ammazzano.

Da Atene non scappano solo i democratici, ma se ne vanno anche coloro che non vogliono essere coinvolti nelle azioni dei tiranni, ma non Socrate.

Socrate resta in città.

In quella città ormai stretta nella morsa dei tiranni, con a capo due suoi allievi.

In un bellissimo libro dal titolo Un mestiere pericoloso. La vita quotidiana dei filosofi greci, di Luciano Canfora (2), c'è una splendida ricostruzione degli avvenimenti


(1) qui si potrebbe aprire una bella digressione sulla contemporaneità filosofica italiana, ma la tengo per un'altra volta.
(2) Tutti i libri di Canfora sono da leggere.