31 gennaio 2008

Noia

In un impeto di socialnetworking dettato dalla noia sono sbarcata su:
Twitter
Facebook
Google talk

Giornate così

Ci sono giornate in cui mi ritrovo a fare continuamente refresh sui siti dei giornali nella speranza di veder apparire il titolo Sono sbarcati gli alieni.

Ricerca e cash

Chi ha detto che con la ricerca non ci si arricchisce?
L'albergo convenzionato per i relatori a un convegno spagnolo costa 290 (duecentonovanta) euro a notte. Prima colazione compresa, ovviamente.
Comunque tre giorni a Valencia a marzo sono un ottimo modo per rompere la routine.

ps. ha qualche anno, ma Il professore va al congresso se non l'avete letto è d'obbligo; tanto più che a quanto pare ha inaugurato un genere, il campus novel.

30 gennaio 2008

Schermata blu

E' quello che ho trovato stasera, dopo cena, quando sono tornata al pc, lasciato - more solito - acceso.
Non si riavvia.
Stacco e riattacco l'alimentazione; sembra ripartire.

No, niente da fare, al posto del logo (maledetto) di win ricompare la schermata blu: errore irreversibile.

Cerco il disco di ripristino.

Niente, non parte nemmeno con quello.

Recupero il cd di Ubuntu.

Non parte nemmeno quello.

Entro nel bios.

Hard disk: none.

Meno male che il portatile non si scalda più, ma è evidente che in questa casa ci sono influenze malvage verso il digitale. Mi conviene provare con il Feng Shui? Forse le Ram sono in posizione astrale sfavorevole.

21 gennaio 2008

Con-tro/cor-rente. Ri/flessioni spar-Se (1)

Immagino che questo post non piacerà a molti.
Ma io sono un po' stanca che a decidere chi deve governare siano i magistrati.

Penso che Di Pietro sia una iattura, una persona che in un paese civile non sarebbe eletto nemmeno consigliere di quartiere.

Da quanto tempo Bassolino governa in campania? Prima come sindaco e poi come presidente della regione? Chi riesce a spiegarmi come mai una regione che abbiamo in mano *noi* da anni sia sull'orlo del collasso e della guerra civile?

In diciamo, dieci anni, di governo della sinistra non dico che dovevamo rompere il sistema della camorra, che per carità...ma nemmeno denunciarlo con forza in tutte le sedi? Qualcuno ha mai sentito Bassolino dire - in una qualunque occasione- "cazzo, qui non riusciamo a fare niente perchè la camorra ha tutto in mano?"

E adesso davvero la pretura di Santa Maria Capua Vetere (oh! qualcuno sapeva che c'era una procura in quel posto?) ci viene a raccontare che tutto il marcio è di Mastella e dei suoi accoliti? Qualcuno potrebbe passare questo link ai magistrati campani?

E chi accidenti ha deciso che Pecoraro Scanio poteva fare il ministro?

E questa roba qua la mettiamo insieme al papa, e a tutte le manifestazioni di solidarietà che ha avuto da Mussi a Rutelli, passando per Veltroni, per non parlare di Bertinotti. E insieme a tutto ci mettiamo anche la voglia di andare a votare.

(1) il titolo è un omaggio agli italo-esegeti di Heidegger

18 gennaio 2008

La Sapienza, il papa e il CNR

A mente fredda proviamo a mettere insieme un paio di cose.
Sul sito di Sinistra Democratica ieri è apparso un articolo di Giorgio Parisi (non ha bisogno di altre presentazioni, se non sapete chi è vergognatevi e googlate).
L'articolo riassume un po' i fatti ma soprattutto i tempi. I tempi sono importanti.
Scrive Parisi:

"Il primo atto è stata una lettera di Marcello Cini pubblicata sul Manifesto il 15 Novembre scorso, reperibile su questo sito all’indirizzo http://www.sinistra-democratica.it/libert-diritti-etica/libert-0. Successivamente verso il 20 novembre (attenzione alla data) una sessantina di docenti della sapienza hanno scritto al proprio rettore la seguente lettera (che gli è stata consegnata fisicamente):"

E riporta per intero la lettera. Più avanti scrive:
"Come docente di un’università ritengo mio diritto e dovere interloquire col mio rettore su chi far intervenire alla cerimonia di apertura dell’anno accademico, che è un momento simbolico per l'inizio del percorso formativo universitario. Mi pare che tutto ciò faccia parte normale della dialettica interna di un’università che deve scegliere chi far parlare all’inaugurazione dell’anno accademico in base a considerazioni di varia natura."

Quindi, tra il 15 e il 20 novembre i professori della Sapienza cercano di esercitare un diritto, quello di confrontarsi su chi invitare o meno all'inaugurazione dell'anno accademico.

Ma il rettore non risponde.
"Il rettore non ci ha risposto ed poco accortamente è andato avanti per la sua strada. A questo punto per noi (o almeno per la stragrande maggioranza dei firmatari) la questione era chiusa. La lettera è rispuntata fuori nei giorni recenti talmente all’improvviso che alcuni giornali (tra cui l’Unità) hanno preso un abbaglio ed hanno pensato che fosse stata scritta il 10 gennaio."

A quanto pare questa lettera è rimasta in qualche cassetto, senza avere nessuna risposta, per più di venti giorni. E poi improvvisamente è arrivata sui giornali.

Chissà, forse la spiegazione può essere questa: dal sito del Senato, ecco uno stralcio del verbale della seduta di ieri

"SULLA PROPOSTA DI NOMINA DEL PROFESSOR MAIANI A PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE

Il senatore ASCIUTTI (FI) chiede che il ministro Mussi sia chiamato in Commissione a confermare la designazione del professor Maiani alla presidenza del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), anche a seguito dei recenti avvenimenti che hanno interessato l'università La Sapienza di Roma. Nel rammentare che il candidato risulta firmatario della lettera nella quale un esiguo gruppo di docenti ha espresso un orientamento contrario alla presenza del Pontefice in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico, ritiene che tale posizione sia incompatibile con un atteggiamento equilibrato e laico, tanto più che al vertice del CNR occorre una personalità rappresentativa di tutte le opinioni. Rammenta altresì che lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri ha stigmatizzato il comportamento dei firmatari dell'appello."


Ho idea che tutta questa faccenda possa essere archiviata sotto la tag "vita accademica".

Hat tip: Riccardo.

16 gennaio 2008

Intervista ai docenti de La Sapienza

Il papa, La sapienza e l'impiccato

E' l'argomento del giorno. E allora anche i miei due centesimi.
Per prima cosa mi piacerebbe sapere chi ha avuto la primigenia idea di chiamare il papa a tenere la lectio magistralis all'università di Roma. Perchè la lectio magistralis non è solo un generico discorso d'inizio anno, ma è il discorso che tratteggia l'indirizzo dell'università, ne indica - se volete - l'ideologia di riferimento.

E' ben chiaro che non può essere tenuta se non da chi si riconosce nella libera ricerca. E non è il caso del papa.

Ovvio che per il papa non è un problema tenere la lectio, tutt'altro; ma dovrebbe essere un problema per chiunque si riconosca nell'università come istituzione.

E la prima domanda che viene a me è appunto questa: chi ha avuto l'idea? Perchè chi ha avuto l'idea è il problema vero. Chi ci ha pensato non si riconosce per primo nell'idea di universitas.

Non è questione di essere cattolici, laici, atei, no. Non è nemmeno un problema di libertà di espressione. E' una questione di ruolo, che evidentemente non è più sentito.

Chiunque abbia fatto l'università ha partecipato almeno a uno sciopero, a una protesta, a un sit-in, se non altro come spettatore. Durante non ricordo più quale protesta, per non ricordo più quale ventilata riforma universitaria, è capitato anche a me. Durante una lezione un paio di studenti chiesero la parola per spiegare le ragioni della protesta. Il professore li ascoltò pazientemente, affermò di essere a sua volta poco convinto di molti aspetti della ventilata riforma, e concluse affermando che non sarebbe andata in porto perchè "sopra un professore ordinario c'è solo dio". Un'affermazione arrogante, senza alcun dubbio, finanche un'affermazione di arroganza scientifica se volete, ma era l'affermazione di una persona cosciente e consapevole del suo ruolo, che non accettava nessuna indicazione se non da qualcuno che riconosceva come suo pari.
Ecco, mi pare che - al di là delle baronie, e di tutti i mali della classe docente universitaria e non - sia venuta a mancare questa consapevolezza.

E a Roma c'è stato chi ha pensato bene fosse il caso di ascoltare la lezione del parroco prima di andare in aula. E' questo l'aspetto spaventoso della questione.

E' troppo lunga la lista dei proni e mi pare anche doveroso ringraziare chi prono non ha voluto mettersi.

ps. Il gran rifiuto del Vaticano mi pare abbastanza spiegabile. Sui media stranieri non ci va mai, pensate davvero che avrebbe voluto essere sulla CNN con la polizia che caricava i manifestanti mentre il papa teneva la lectio all'università?

14 gennaio 2008

Rassegna stampa più eco

Vincendo la tirannide del tempo, che non mi consente al momento più che segnalazioni, questa volta i link del giorno sono tre.

Da Eugenio questo bellissimo Maggioranze

Da Uriel Lei è sexy (1)

Da .mau. Thyssen-Krupp



(1)non sopporto "i Guzzanti", padre e tre figli, mi pare facciano un bel gioco di squadra, tipicamente tribale. Come certe famiglie di industriali nel '43, un figlio a casa a trattare con i tedeschi e un altro - generalmente il minore - in montagna con i partigiani. E vinca il migliore che la fabbrichetta è salva.

11 gennaio 2008

09 gennaio 2008

Rapporti problematici

Sono alla ricerca di ipotesi. Per quale ragione un portatile dovrebbe improvvisamente spegnersi?

1. no, non ci sono virus;
2. la temperatura sembra a posto;
3. si spegne anche con la batteria staccata;

08 gennaio 2008

Diffidenza

Diotima (04:46 PM) : ma tu da piazza XXXXX quando porti via un po' di libri? ;-)

Duke (04:47 PM) : quando avrò predisposto idonee scaffalature in Via XYZ.

Diotima (04:47 PM) : nel frattempo potresti collocarli in via YYYYY-

Duke (04:48 PM) : ma scherzi? appena passano vicino al tuo naso li cataloghi nella tua libreria....

Diotima (04:49 PM) : prometto solennemente di non farlo.

Diotima (04:49 PM) : tu portali

Duke (04:51 PM) : ho visto il luccicare dell'occhio e la bavetta all'angolo della bocca anche senza webcam,

preferisco non fidarmi...

Diotima (04:51 PM) : tu m’offendi, maramaldo!

07 gennaio 2008

Houston abbiamo un problema

Questo interessante e intrigante articolo di inminoranza, open source e peer rewiew, mi porta a fare qualche considerazione a margine, un po' troppo lunga per essere un commento accettabile, e poi sposto anche un po' la questione, inminoranza non me ne voglia.

La metafora della cattedrale è splendida, e allora proviamo a capire come è strutturato il meccanismo di entrata e come si cerca di rinnovarlo.

Non molto tempo fa è uscito il nuovo regolamento Mussi per il reclutamento dei ricercatori. Per farla breve prevede un concorso nazionale sulla sola base dei titoli che fa ottenere l'idoneità e poi ogni università bandisce i concorsi sulla base delle esigenze. Ai concorsi locali ovviamente possono partecipare solo coloro che sono risultati idonei a quello nazionale.

Per evitare un effetto todos caballeros e poi ci scanniamo dove serve il concorso nazionale prevede un massimo di idonei: un quarto, più o meno.

Quindi, facendo l'ipotesi che al concorso nazionale partecipino in mille, solo duecentocinquanta hanno la possibilità di rientrare nel novero degli idonei.

A rigore, poteva anche saltar fuori che gli idonei fossero - se non altro - almeno i portaborse con pubblicazioni, fuori dai piedi i portaborse senza altro titolo, e magari dentro qualche non-portaborse laborioso.

A margine del regolamento, cosa tutt'altro che scontata, escono anche i fondi per bandire i concorsi.

Facciamo un passo indietro. Per bandire un concorso, (da ricercatore, da professore associato, da professore ordinario) una facoltà (e a scendere un corso di laurea, un dipartimento, ecc...) devono avere la quota necessaria. Tralasciamo - per carità di patria - la composizione della quota, e semplifichiamo il tutto dicendo che un ordinario vale 10 punti, un professore associato cinque punti, un ricercatore due punti e mezzo. Non è proprio così, ma così si riesce a rendere bene l'idea.

Ora, una facoltà che avesse avuto dieci punti poteva bandire quattro posti da ricercatore, da assegnarsi con le nuove regole.

Uscito il regolamento - e i bandi - è partita la macchina, almeno ufficiosamente. Si cercava di capire come avrebbe funzionato in pratica il concorso con le nuove norme, si spulciavano i papabili per evitare di mettere a concorsi posti "fregabili" perchè i "propri" candidati erano troppo deboli, insomma qualcosa pareva muoversi. In un clima di feroce potatura di posti e di fondi, chi appena appena aveva la possibilità di avere un posto in più ha cominciato a muoversi.

Fino al 30 dicembre. Che è accaduto il 30 dicembre? E' uscito un decreto che sblocca per tutto il 2008 i concorsi per professori associati e ordinari da tenersi con le vecchie regole.

idee geniali

Nella capitale colombiana è stato inaugurato il museo della pigrizia.

05 gennaio 2008

Giordano Bruno - seconda parte

Insomma Bruno è così. Un po' genio e un po' millantatore, che a volte davvero arriva dove altri non riescono, con poco senso della misura e molto di sé, che probabilmente nel suo secondo soggiorno parigino ha l'intenzione sincera di rientrare nei ranghi della chiesa cercando conciliare la sua filosofia con i dogmi e l'autoritarismo.

Nel 1586 da Parigi scappa in Germania, gli scherani del Guisa sono un argomento molto convincente. A Wittenberg viene accolto con grande calore e ricomincia a insegnare. Almeno finchè comandano i luterani, perchè quando al potere vanno i calvinisti Bruno deve fare le valige un'altra volta. In questo periodo nelle sue lezioni - e poi nelle opere a stampa - approfondisce il lullismo. Opere un po' noiose, diciamo la verità. Costretto a partire va a Praga. A Praga c'è Rodolfo II, imperatore del Sacro Romano Impero, appassionato studioso di magia, alchimia, arte della memoria, che tiene a corte maghi, astrologi, alchimisti, tutti da lui impegnati alla ricerca della pietra filosofale. In questa occasione Bruno non è particolarmente fortunato, astronomo di corte è proprio Mordente, il matematico. E Bruno, sempre per non farsi riconoscere, dedica al re un'opera dal titolo Articuli adversus mathematicos. Un'opera strana, in cui non ci si capisce niente davvero, al punto che la Yates propone l'ipotesi che sia scritta in un qualche linguaggio cifrato. (la mia è: pazzo forse, ma scemo no).

Rodolfo II gli molla qualche soldo, ma niente impiego fisso a corte. E così Bruno riparte. Riparte per Brunswick, dove da pochissimi anni è attiva una università. Appena arrivato gli danno da tenere l'orazione funebre per il duca morto in quei giorni. Si ripete una storia già vista, quando arriva in un posto di solito Bruno è accolto favorevolmente, poi scrive o dice qualcosa che irrita e deve andarsene. A Brunswick è particolarmente anticattolico e antipapista. Ora, il duca appena morto era protestante, ma il figlio che eredita il ducato è cattolico, almeno ufficialmente. Tanto per dire che, al contrario di Campanella, Bruno non ha il minimo senso dell'opportunità e del potere, se non di quello della parola, nel quale è un maestro. In questo periodo scrive e pubblica poemi in latino, e l'argomento principale è la magia, ispiratore Lucrezio. Queste opere vengono pubblicate a Francoforte, dove si trasferisce per qualche tempo. Mentre è intento a questo lavoro conosce un tipo un po' strano, Hainzell, che ha una proprietà in Svizzera in cui ospita maghi, astrologhi e compagnia varia. Bruno vive a casa di Hainzell per qualche mese e gli dedica l'ultima opera che pubblica il De imaginum, signorum et idearum compositizione. Già solo il titolo sta a indicare che l'opera viene considerata da Bruno stesso molto importante.

Qui si apre l'ultimo capitolo della vita di Bruno. Le sue opere sono vendute in tutta Europa e a Venezia un suo assiduo lettore è un nobile veneziano, Giovanni Mocenigo, che chiede al suo libraio - Giovanni Battista Ciocco - se conosce Bruno, perchè vuole imparare da lui l'arte della memoria.

Ciocco, che da bravo libraio frequentava le fiere del libro di Francoforte, conosce Bruno in occasione di uno di questi viaggi e gli trasmette l'invito di Mocenigo. E Bruno torna in Italia, fregandose come sempre di frontiere, di cattolici, di protestanti, di guerre di religione e di odi accademici o religiosi. Sembra davvero convinto, nonostante gli spostamenti a cui è costretto, alcuni vere e proprie fughe, che la sua arte, basata sulla magia erotica, sia passaporto sufficiente in un'Europa dilaniata dagli odi. In questo forse sta la geniale ingenuità di Giordano Bruno, nella convinzione che il vero sapere possa prevalere, che possa essere riconosciuto e trionfare sulle divisioni e sul potere. Il sapiente è il vero dominatore della natura e dell'animo degli uomini. E cerca di cogliere tutte le occasioni per propagandare la sua dottrina. Non cambia ciò che pensa e dice a seconda delle circostanze, ma cerca di piegare le varie situazioni al suo fine. A Venezia addirittura frequenta un domenicano, vecchia conoscenza al tempo della gioventù napoletana, e lo informa che sta scrivendo un libro da presentare al papa per ottenere un insegnamento universitario. Penso alla faccia sbalordita che deve aver fatto costui davanti a questo proposito.

D'altro canto Bruno si riteneva un riformatore religioso, anzi un vero e proprio messia. Diciamo che lo animava una sorta di delirio di onnipotenza, che lo spinge, visto il mutamento della situazione politica a cercare di riavvicinarsi alla chiesa.

Cosa era cambiato nel frattempo? In primo luogo si era imposto all'Europa Enrico III di Navarra, (diventa Enrico IV quando sale al trono di Francia) che aveva manifestato il proposito di convertirsi al cattolicesimo. E Bruno degli affari di Enrico di Navarra era al corrente, sembra nei minimi particolari.
Il suo corrispondente da Parigi, Piero Del Bene, era ben introdotto a corte e lo tiene informato su ciò che vi accade e su quello che vi si progetta. Non a caso gli inquisitori, quando interrogano - sotto tortura, non lo scordiamo - Bruno, sono molto interessati a quello che sa intorno ai progetti e alle mire di Enrico.

Comunque sia, Bruno si aspetta grandi cose da Enrico di Navarra. E pare certo di far parte di progetti grandiosi. E probabilmente torna in Italia sopratutto per questi. Sta a Venezia, e poi a Padova, dove detta il De vinculis in genere, dove tratta compiutamente dei legami magici tra le cose, fondati sull'amore e sull'erotismo.

Passa un po' di tempo, insomma, prima di trasferirsi a casa di Giovanni Mocenigo che dopo qualche mese lo denuncia all'Inquisizione. A dire il vero Bruno si era accorto che tirava brutta aria, e progettava di tornare a Francoforte, ma il nobile veneziano ne prevenne la fuga chiudendolo a chiave in una stanza prima di chiamare le guardie.

Per Bruno saranno otto anni di galera, di interrogatori, di torture.
Viene imprigionato il 26 maggio 1592 e sale al rogo il 17 febbraio 1600.

Bruno comincia sotto interrogatorio ad esporre la sua filosofia, l'idea dell'infinitezza dell'universo, del panteismo, dell'amore che tiene tutte le cose. Non rinnega la sua incredulità nei confronti dell'incarnazione di Cristo. Può credere nella potenza divina dice, ma certo non nell'idea che dio si sia fatto uomo. Alla fine del processo veneziano Bruno ritratta tutte le eresie di cui è accusato, e si affida ai giudici. Cerca di evitare il trasferimento a Roma, probabilmente, ma non ci riesce. Secondo me Roberto Bellarmino ci diventa matto con Bruno, che ai processi con brillanti orazioni ricusa tutte le eresie che è costretto a professare sotto tortura, e lascia senpre gli accusatori spiazzati.

Alla fine Bellarmino, dalla lettura delle opere di Bruno, tira fuori otto (otto? su migliaia di pagine?) proposizioni eretiche e gli chiede di abiurarle. Bruno sembra acconsentire. Ma poi ritratta le ritrattazioni, sostenendo di non aver mai scritto niente di eretico, e che sono gli inquisitori che non comprendono ciò che egli scrive, e che interpretano in maniera erronea le sue affermazioni. (una linea di condotta che ha fatto scuola direi).

Ma è finita e Bruno lo sa. E si prende l'ultima vittoria che può cogliere: non rinnega nulla della sua opera e di sé.

Dichiarato eretico impenitente viene condannato a morte e arso vivo in Campo de' Fiori a Roma il 17 febbraio 1600.

puntate precedenti:
Giordano Bruno - prima parte
Tommaso Campanella
Pico della Mirandola

04 gennaio 2008

Giordano Bruno - prima parte

Era un gran rompiballe Giordano Bruno, è innegabile. E anche saccente, uno di quelli: "so tutto io e voi non capite niente". Va detto che talvolta aveva anche ragione a pensarlo. E a dirlo. Talvolta. Agli inquisitori che lo interrogano sotto tortura Bruno si presenta così:
"Io ho nome Giordano della famiglia di Bruni, della città de Nola vicino a Napoli dodeci miglia, nato ed allevato in quella città, e la professione mia è stata ed è di lettere e d'ogni scienza". Insomma che non equivocassero, gli sgherri del potere: lui è un intellettuale.

Si presenta sempre un po' sfigato, senza una lira e odiato dalla folla, ma pare fosse un gaudente, e soprattutto un grande estimatore delle grazie femminili.

Ma andiamo per ordine. Nasce a Nola nel 1548, e nel 1562 si trasferisce a Napoli, dove tre anni dopo entra in convento. Il convento di San Domenico Maggiore (quello in cui è sepolto Tommaso d'Aquino, tanto per dire). Ordinato sacerdote nel 1573, nel 1575 si laurea in teologia e già non sopporta più Aristotele. Legge Telesio, Paracelso, i testi ermetici, Lucrezio.
E infatti nel 1576 scappa da Napoli a Roma, accusato di eresia, ma anche a Roma sono guai, e allora si sposta in Liguria, a Savona. Tra il 1576 e il 1577 visita più o meno tutta l'Italia del nord: Torino, Venezia, Padova, Brescia, Bergamo.
Ma deve mollare il colpo, l'inquisizione arriva ovunque, e Bruno comincia a vagabondare per l' Europa.

Ha un capitale da spendere: è un ex frate domenicano versato nell'arte della memoria e nella magia, in un periodo - il 1500 - nel quale i domenicani partenopei sono famosi per la loro irrequietezza e le loro arti.

E Bruno non fa mistero di poter insegnare arti misteriose e magiche, provenienti da una sapienza antica, più antica del cristianesimo, della grecia, degli ebrei. Anzi, si presenta come un campione di quella sapienza, dalla quale tutte le altre derivano:
la sapienza egizia di Ermete Trismegisto.

Il 1578 lo vede in Francia, a Chambéry, poi a Ginevra, dove aderisce al calvinismo.

Che non gli gusta per nulla, sentimento per altro ricambiato, nemmeno i calvinisti sono entusiasti di lui. Si sposta a Tolosa, deve insegna per due anni filosofia.

Nel 1581 è a Parigi e tiene una serie di lezioni pubbliche che lo mettono in luce, tanto che viene chiamato dal re, Enrico III. Intorno a Bruno nasce la fama di mago, anche per via di due trattati sull'arte della memoria che pubblica in quel periodo: il De umbris idearum, giustappunto dedicato al re, e il Cantus Circaeus.
(solo il De umbris idearum più che un post meriterebbe un libro se Frances Yates non avesse già scritto Giordano Bruno e la tradizione ermetica).

Saccheggia a piene mani Ficino, aiutato in questo dal fatto che si sbarazza del cristianesimo senza grandi problemi, ritenendo i testi ermetici ed egiziani di gran lunga superiori.

Nel frattempo qualche sua opera passa oltremanica, e viene pubblicata a Londra. Bruno la segue, e i contatti a corte non sembrano così millantati se è vero che ha una lettera di presentazione del re per accreditarsi presso l'ambasciatore francese; e non solo si accredita, ma vive a casa sua per tutto il tempo che si ferma in Inghilterra. E c'è chi pensa, e dice, che Bruno in realtà sia una spia in missione per il re di Francia.
Di certo c'è che l'ambasciatore inglese a Parigi - Harry Cobham - si prende la briga di avvisare in patria che sta arrivando Bruno:
"Intende venire in Inghilterra il dottor Giordano Bruno, Nolano, professore di filosofia, la cui religione non posso approvare"

Non aggiunge "statev accuort" solo per via della flemma britannica.

Per altro, trattandosi di Bruno, la frase "la cui religione non posso approvare" suscita almeno un sorriso. Ex domenicano, ex calvinista, attualmente mago egizio, a quale religione si riferisce l'ambasciatore?

Intanto, visto che gli sta in casa, Bruno dedica un paio di opere all'ambasciatore francese. Ma visto che non si butta niente e che scrivere è faticoso, un bel po' di pagine sono riciclate. Così ne approfitta per ristampare il Cantus Circaeus.

Ma non illudetevi, Bruno scrive, e parecchio (1).


E' un grande pubblicitario Bruno, un profondo conoscitore dell'animo umano e delle tecniche utili per manipolarlo. E se non credete a me, leggete Eros e magia di Couliano, che di Bruno scrive:
"Al suo massimo grado di sviluppo, raggiunto nell'opera di Giordano Bruno, la magia è un metodo di controllo dell'individuo e delle masse basato su una profonda conoscenza delle pulsioni erotiche individuali e collettive [...] Il mago del Rinascimento è, si, psicoanalista e profeta, ma anticipa anche professioni moderne come quelle di capo delle relazioni pubbliche, propagandista, spia, uomo politico, censore, direttore dei mezzi di comunicazione di massa, agente pubblicitario."

Comunque sia Bruno mira ad Oxford. E per presentarsi, dopo la dedica all'ambasciatore, scrive nell'introduzione una lettera indirizzata al Vice Cancelliere dell'università, dove - tra le la altre cose - si presenta così:

"[...] professore di una sapienza più pura e innocua (altro che mago cattivo), noto nelle migliori accademie europee (e a questo punto come fai, tu che sei vice cancelliere a Oxford a dire "chi cazzo sei?" ), filosofo di gran seguito (meglio ribadire, un cv è un cv) domatore dell'ignoranza presentuosa e recalcitrante (avete bisogno di un esperto in didattica per caso da voi a Oxford?) che non preferisce gli Italiani ai Britanni (politically correct anche) i maschi alle femmine (probabilmente anche allora nei college inglesi c'erano simpatiche usanze nei confronti degli allievi e Bruno ci tiene a chiarire che non intende entrare nella riserva di caccia di nessuno) che è odiato dai propagatori e dagli ipocriti, ma ricercato dagli onesti e dagli studiosi, e il cui genio è applaudito dai più nobili (insomma se non mi prendete siete ignoranti, presuntuosi, bugiardi e meschini).

Comunque sia, Bruno a Oxford ci va. E i resoconti non collimano tanto, diciamo.

Lui racconta di averli stesi di brutto, e di essere stato trattato malissimo perchè li aveva messi in buca più di una volta. E sottolinea la sua pazienza davanti alle ingiurie.

George Abbott, non proprio l'ultimo arrivato, fa l'arcivescono a Canterbury e non nel tempo libero (anche se il sospetto è forte), invece scrive che Bruno viene beccato in pieno plagio del De vita coelitus comparanda di Marsilio Ficino, e che alla terza lezione, avvisato di essere stato scoperto, manda tutto a monte. Però lo offende, lo prende in giro per il suo aspetto, per il suo accento... qui ha ragione Bruno.
"Quell'omiciattolo italiano [...] con un nome certamente più lungo del suo corpo [...] rimboccandosi le maniche come un giocoliere [...] facendoci un gran parlare di chentrum & chirculus & circumferenchia (tale infatti è la pronuncia del suo paese natio) intraprese il tentativo, fra le moltissime altre cose, di far stare in piedi l'opinione di Copernico, per cui la terra gira, e i cieli stanno fermi; mentre in verità, era piuttosto la sua testa che girava, e il suo cervello che non stava fermo."

Altro che plagio. Gira tutto intorno al fatto che Bruno sostiene le teorie di Copernico, e gli oxoniensi no. L'accusa di plagio regge proprio poco, perchè nei libri di Bruno la magia di Ficino fa da sfondo alla nuova teoria astronomica, e questo si sapeva ben prima che lui ne parlasse a Oxford.

Sia come sia, Bruno torna a Londra. E scrive - e pubblica - rapida successione quattro opere fortunate: La Cena de le ceneri, il De la causa, principio et uno, il De infinito, universo e mondi e lo Spaccio della bestia trionfante. E davanti agli inglesi che negano Copernico Bruno aggiunge per buona misura che l'universo è infinito e i mondi pure. Ed è il primo a fare questa affermazione.

Deluso dai britanni torna in Francia, e la situazione politica non è certo quella tranquilla alla quale si era abituato in Inghilterra. Enrico III è incalzato dal duca di Guisa, caporione della fazione cattolica intransigente e appoggiato dal re di Spagna. A farla breve il re ha i guai suoi e non perde tempo a proteggere Bruno (e probabilmente nemmeno a mantenerlo visto che agli inquisitori Bruno racconta di aver vissuto a sue spese in questo secondo periodo parigino).

Comunque il carattere di Bruno è quello che è, e avendo conosciuto Fabrizio Mordente, inventore di un particolare tipo di compasso, si entusiasma per la scoperta e ci scrive sopra quattro dialoghi, nei quali scrive che Mordente è un asino che non si è reso conto dell'importanza della sua scoperta. Lo stesso gioco che aveva fatto con Copernico ne la Cena de le ceneri in pratica, solo che mentre l'astronomo era morto, Mordente era vivissimo e si incazza come una iena. Compra tutte le copie - meno due - dei quattro dialoghi di Bruno e le brucia. Non contento, va da dal duca di Guisa e chiede vendetta contro l'ex frate (eretico, tra l'altro). Ora, aver contro il duca di Guisa, e tutte le sue guardie armate e fanatiche con dietro il regno di Spagna non è roba da poco nemmeno per uno come Bruno. Una persona normale avrebbe deciso - quantomeno - di starsene tranquilla per un po'. Ma Giordano Bruno no.

Non contento indice per il 28 e 29 maggio del 1586 una disputa pubblica al Còllege de Cambrai. Convoca i dottori di Parigi per parlare della natura e di Aristotele, argomenti che tratta nelle tesi che presenta con il titolo di Centum et viginti articuli.
Lo spettacolo comincia - è il caso di chiamarlo così davvero - con il discepolo di Bruno, Jean Hannequin che legge un discorso di apertura del maestro. Alla fine della prolusione Bruno si alza un po' strepitando e invita calorosamente i convenuti a difendere Aristotele, se ne sono in grado. Tutti tacciono, e Bruno urla ancora più forte certo della vittoria contro i saccenti dotti parigini. A rispondergli infine è un avvocato, il quale comincia dicendo che probabilmente gli altri stanno zitti perché non lo ritengono degno di una risposta. L'avvocato contrappone le tesi aristoteliche a quelle - decisamente un po' confuse - del nolano e alla fine dell'intervento invece di rispondere Bruno cerca di andarsene. Ma i francesi allora si incazzano, le palle ancora gli girano e gli dicono: no, bello, tu adesso stai qui e rispondi. E non lo dicono solo, lo trattengono proprio, perchè deve ritrattare le menzogne che ha osato lanciare contro Aristotele. Bruno promette di tornare il giorno dopo. Ovviamente non ci pensa nemmeno. E parte nottetempo per la Germania.






(1)Scrive così tanto che ci sono in Italia - oggi - almeno un paio di persone che sono andate in cattedra (o quasi) con quello che ha scritto Bruno.

puntate precedenti:
Tommaso Campanella
Pico della Mirandola

03 gennaio 2008

Il rimbalzo del gatto morto

Così si chiama in gergo borsistico un rimbalzo (salita) dei titoli o degli indici in un trend al ribasso. Insomma, una salita-bufala, che precede immediatamente una rovinosa discesa. E mi pare che la situazione italiana possa essere in qualche modo esemplificata così: rimbalzo del gatto morto.

E' vero, il confronto con ciò che accade in Europa sembra inaccettabile.

Appena fuori dai nostri confini una coppia riconosciuta non è necessariamente formata da persone di sesso diverso.

Appena fuori dai nostri confini non si insegna religione a scuola.

Appena fuori dai nostri confini l'inseminazione artificiale non è un'ignobile e oscena tortura legalizzata.

Appena fuori dai nostri confini il papa finisce - quando ci finisce - a pagina quarantotto di qualunque giornale. Serio e non.

Appena fuori dai nostri confini non esistono comitati di bioetica con il parroco di quartiere.

Appunto. Appena fuori dai nostri confini.

E' vero, la maggior parte di noi ci sta dentro, a quei confini.

Ma non vi sembrano gli ultimi sussulti? A me pare di sentirla tangibile la paura di morire (politicamente e socialmente) che ha gente come la Binetti. Ogni latrato fondamentalista che viene sparato sui giornali e sulle televisioni trasuda di panico. Più si sentono vicini alla fine, e più cercano accanitamente di combattere. Combattono per la sopravvivenza. E perderanno.

E buon anno commerciale a tutti.

01 gennaio 2008

Libri

Update: il problema sono i libri senza ISBN o codice a barre...

Grazie a .mau. ho scoperto Anobi. Mi sono registrata immediatamente. Potrebbe anche essere la volta che a poco a poco metto in ordine la mia libreria, invece di rovistare bestemmiando quando mi serve un libro che sono certa di avere.