28 aprile 2006

Discussioni a sinistra

A quanto pare anche in Italia sono arrivate le discussioni sul manifesto di Euston. (grazie Mastroviti)
Qualunque sia il motivo ben vengano le discussioni a sinistra, perchè sono ormai anni, almeno dagli anni settanta, (quando, per esempio, alcuni “marxisti” della domenica si entusiasmarono per Carl Schmitt) che la sinistra italiana è assolutamente carente sul piano della riflessione e dei contenuti.
Appiattita da un lato su un pensiero cattomarxista – non senza spruzzi di veteropositivismo – , per esempio estremo alcune riflessioni delle BR sul “cuore dello stato” e dall'altro su una becera ideologia non tanto anticapitalista quanto antiamericana (e parzialmente antisovietica).
Incapace, comunque, di una riflessione globale, marxiana in uno degli autentici significati del termine: una riflessione capace di assumere e di prendere in analisi tutti gli aspetti dell'umana esistenza. Non solo l'aspetto economico quindi, che è una delle critiche fatte al manifesto di Euston, ma anche l'aspetto sociale, affettivo, esistenziale dell'individuo. Se Marx pensava una “liberazione dell'uomo” gli aspetti più eclatanti e rumorosi della nostra sinistra (?) sembrano essere quelli che negano tale liberazione a chi non è nato sotto il cielo occidentale. E oppongono a un filone di pensiero che si nutre di Martin Luther King come della scuola di Francoforte la frequentazione e l'appoggio al sedicente Campo Antimperialista che vede una massiccia presenza di neofascisti e neonazisti – non senza punte esoterico/magiche. Sarebbe davvero divertente se non fosse ridicolo e agghiacciante.
Ben venga quindi un dibattito a sinistra, sulle ragioni, sulle fonti, sui compiti della sinistra, ma – per cortesia – lasciamone fuori i luddisti inconsapevoli e i recenti convertiti all'opposizione telematica fulminati sulla via di Damasco dopo una giovinezza politicamente totalitaria ed esistenzialmente anaffettiva.

con un po' di ritardo

ho firmato il manifesto di euston anch'io.

E qui c'è la traduzione in italiano

26 aprile 2006

Blog (parte quarta)

La foto è del geniale Hugh di gapingvoid
Riprendiamo le fila del discorso, questa volta affrontando non il tema “blog e identità”, ma “blog ed ego”. Lo affrontiamo a partire da Nietzsche, in particolare da una delle esortazioni che vengono da La gaia scienza. In questo testo il filosofo tedesco esorta a occuparsi dei casi eccezionali e non della scienza “quantitativa”. A occuparsi del diverso – se volete – e non del quotidiano. A partire da questa considerazione nicciana voglio ragionare su una questione che fa – o dovrebbe fare – problema. Quando un blog smette di essere un diario, o una interpretazione della realtà, o una finestra sul mondo per diventare il _luogo del delirio dell’io­_? E’ il blog, per qualche qualità intrinseca, un mezzo di amplificazione di quell’io “che non è più padrone in casa propria”, come diceva Freud? Esplorare i rapporti tra blog e ego non è ricerca di poco conto; il blog pare essere maschera più volte. La prima maschera è la “persona” (che in latino appunto significa maschera), poi abbiamo la maschera del blog, e questa è sempre presente, anche in coloro che non si costruiscono un’identità virtuale molto diversa da quella che percepiscono di se stessi. Chi poi costruisce un’identità apposita per il blog sovrappone alle altre un’altra maschera (o persona). Diviene quindi estremamente complicato sbrigliare questi nodi – che spesso non possono essere sbrogliati. Le cose si semplificano un po’ se a tenere il blog è qualcuno che conosciamo personalmente o del quale possiamo ricostruire buona parte della vicenda esistenziale perché persona pubblicamente nota. In questi particolari casi il nostro compito viene – parzialmente – facilitato. Naturalmente il compito diviene ancora meno difficoltoso se prendiamo ad esempio il blog di qualcuno che non sovrappone altre identità alla sua – magari si presenta anche con il suo nome “vero” – e se questo qualcuno è persona che conosciamo anche in altri contesti (non necessariamente fuori dalla rete) e quindi abbiamo la possibilità di aggiungere ai segnali, a volte impercettibili, che troviamo sul blog, altre manifestazioni a margine. Per sgombrare il campo a ogni possibilità di equivoco della lezione nicciana, diciamo quindi che il nostro percorso prende in considerazione – in primo luogo e non solo – i blog che si possono immediatamente ricondurre a una persona fisica. Di questi scartiamo quelli che sono manifestamente – almeno manifestamente – blog-diario personale, e che hanno il dichiarato intento di essere null’altro (senza alcun giudizio di merito) che la pagina dell’autore. Dal punto di vista del nostro modesto filo (rosso, va da sé) sono estremamente importanti quei blog che rimandano a una persona fisica, che si pongono come blog di contro/informazione, che hanno una – ahimé spesso inutilmente pretesa ed elementarmente implementata – visione del mondo che si riconduce direttamente a un’ideologia, o come sovente accade, a qualcosa che nella mente del blogger è vissuto come “ideologia”. Non uso il verbo “vivere” casualmente. Troppo spesso in questi “io” l’ideologia, lungi dall’essere una particolare modalità di interpretazione del reale e della storia, è confusa con la percezione di sé nel mondo. Divengono quindi le esperienze personali – spesso misere e dolorose – la chiave di volta che viene utilizzata a sostegno di un delirio sul reale. Come tutti i delirii, anche questi sono costruiti con quella che pare una logica stringente, percepita come un bisturi che opera una risistemazione della realtà che, almeno nel blog, diviene finalmente la “Realtà”, in un maiuscolo che vuole richiamare il filosofo del razionale. Il blog diviene quindi il luogo per eccellenza dedicato a una ricostruzione/interpretazione degli accadimenti reali, a maggior ragione, per eclatante esempio, quando questa ricostruzione è stata sonoramente bocciata dalla realtà stessa (per esempio il blog di qualche politico trombato in qualche elezione – non l’ultima perché troppo contigua nel tempo).
In questo caso allora il blog diviene il luogo per eccellenza dell’insulto e della diffamazione (non in senso giuridico) di coloro che sono percepiti – inutile dirlo, erroneamente – come competitivi e contendenti allo stesso premio: la pubblica opinione.
Ma torniamo all’io. Come potrebbe sopravvivere l’io, in un contesto che rivelasse l’inanità e l’inutilità del tentativo di riappropriarsi di un reale che l’ha respinto, come potrebbe prendersi cura di sé nel momento in cui comprendesse che il mondo reale l’ha seguito e lo “perseguita” anche nella virtualità? Virtualità nella quale il fallimento viene continuamente reiterato – come tormentata ferita aperta – dalla percezione che gli interventi sul blog non sono altro che ripetizioni di un tentativo di seduzione degli altri che viene continuamente frustrato? Come abbiamo detto nella seconda parte, l’immagine di noi che il mondo riflette va a costruire la nostra identità, segnandola indelebilmente. Questo è vero anche per coloro che tentano – pur mantenendo l’identità reale a stretto “contatto” da quella virtuale – di costruire un’immagine di sé che riscatti quella reale. Insomma, blog o no, un politico trombato resta un politico trombato. Con più di un accento patetico.

24 aprile 2006

25 aprile

Domani è il 25 aprile; non è solo una ricorrenza specialmente in tempi come questi. E, forse, il modo migliore per ricordarci che sono quelli gli ideali che ci devono muovere è ripercorrere la strada esistenziale di qualche protagonista. Enzo Sereni è un giovane socialista docente di filosofia che nel 1926 decide, con la moglie Ada e la figlia neonata, di emigrare e di fondare in Palestina il kibbutz di Givat Brenner.

Ha due fratelli Enzo: il primogenito, Enrico, è uno scienziato legato ai movimenti antifascisti di «Giustizia e Libertà» , l’altro è Emilio, marxista, dirigente del partito comunista clandestino. Enzo durante la guerra decide di lasciare la Palestina per venire a combattere in Italia; paracadutato nel ’44 dietro le linee nemiche viene catturato e verrà trucidato nei lager nazisti.

Mi piace ricordare anche la Brigata Ebraica (nella foto), che liberò parte della Romagna e, tra le altre località, anche la mia città di origine. Dal sito dell’Anpi di Ravenna:

“La “Brigata Ebraica” contribuì a liberare gran parte dell’Emilia Romagna dai nazi-fascisti; in modo particolare fu impegnata in furiosi e sanguinosi combattimenti in terra di Romagna, lungo la zona d’operazione corrispondente allo sfondamento della “Linea Gotica” nella valle del Senio, nei pressi di Imola. In quella battaglia, la “Brigata Ebraica” portò a termine uno dei pochi assalti frontali, a baionetta sguainata, di tutto il fronte italiano. Molti storici sostengono che quella battaglia fu la più sanguinosa di tutta la campagna d’Italia; la “Brigata Ebraica”, composta da soli volontari, con formazione prevalentemente non militare, registrò numerose perdite. A commemorare tutti coloro che diedero la propria vita per liberare questa parte della nostra Patria, è stata posta una lapide presso il cimitero militare di Piangipane. In Piazza Garibaldi a Ravenna una lapide di marmo (posta il 15 maggio 1995 nel 50° anniversario della Resistenza e Liberazione) ricorda gli ebrei assassinati dai nazi-fascisti residenti, rastrellati e catturati nella provincia di Ravenna ed i 45 giovani volontari della Brigata Ebraica caduti nella terra di Romagna per la Libertà.
La “Brigata Ebraica” partecipò alla liberazione delle principali città romagnole: Ravenna, Faenza, Russi, Cotignola, Alfonsine ed Imola. Nel 1945, nello schieramento delle truppe alleate a sud del fiume Senio, la “Brigata Ebraica” combatté insieme ai gruppi di combattimento “Friuli” e “Cremona”. Al termine delle ostilità belliche, nel maggio del 1945, la “Brigata Ebraica” ricevette l’ordine di trasferirsi a Tarvisio, punto strategico per la fuga dei sopravissuti ebrei europei alla barbarie nazi-fascista. Contemporaneamente, i membri più attivi della brigata furono inviati in tutte le nazioni europee per aiutare le popolazioni ebraiche a ritornare a vivere, in modo particolare furono impegnati nell’opera di assistenza agli orfani ed agli ebrei che scelsero di andare a vivere in Israele.”

No, questa gente qui non ha nulla a che vedere con “resistenti” che mettono bombe negli alberghi, nei supermercati, tra le file dei disoccupati o nei locali per turisti. Non facciamoci ingannare.

21 aprile 2006

De rerum natura

Posso dire che la natura non mi ha mai particolarmente affascinato? Complici questi primi veri giorni di primavera, girellando per blog si trovano veri e propri inni ai fiori, agli alberi, alle api eccetera eccetera. Tutto quello che in questo momento mi porta la primavera sono centinaia (e diventeranno migliaia) porcellini di sant'antonio in giardino e sotto il portico. E puzzano. Tenetevi la natura e ridatemi la Jacuzzi (è in riparazione da un mese!)

18 aprile 2006

di nuovo

l'ottimo Eugenio Mastroviti.

blog (parte terza)

Si può continuare il nostro percorso su blog e identità (prima parte - seconda parte) cercando in prima battuta di comprendere quale sia il gioco identitario che si può svelare, quali siano le "regole" e fino a che punto si può dipanare il groviglio senza a nostra volta "entrare nel gioco". [E' mia opinione che si possa dipanare molto poco senza mettersi in gioco]. Una indagine del tutto empirica sembra rivelare che, a differenza di quanto accade per il resto del web, - che vede una maggiore presenza maschile - per quello che riguarda i blog ci sembra di notare una prevalente presenza femminile.
O, almeno, questo è ciò si nota. Ed è chiaro che l'osservazione a volte dice di più su chi osserva piuttosto che su chi è osservato. E allora diciamo che noto (e leggo) prevalentemente blog femminili, di donne mediamente colte, che vanno dai trenta ai cinquanta anni di età.
Il “mediamente colte” non vi tragga in inganno. Si tratta perlopiù di donne laureate, ma che rivelano all'analisi del loro blog una buona – non ottima – capacità di re-inventarsi inventando una realtà che potrebbe reggere alla prova dei fatti.
Dico “potrebbe reggere” perchè ci sono almeno due variabili difficili da tenere sotto controllo: le variabili tempo e spazio.
Analisi della variabile “tempo”.
Se il vostro blog non è una creatura estemporanea, ma lo seguite e lo aggiornate con costanza nell'arco di qualche anno, è assolutamente inevitabile lasciare indizi più che sufficienti a far risalire non solo al vostro nome e al vostro lavoro; non solo, offrirete anche la possibilità di ricostruire con sufficiente approssimazione la vostra vita “reale”, compresi eventuali figli, ex mariti, amanti estemporanei, fidanzati in fuga. In gergo “usenettiano” questa particolare operazione di ricerca si chiama "stalkerare". Stalkerare qualcuno significa cercare attraverso il web, sui forum, sui gruppi di discussione notizie, post, informazioni su qualcuno. E negli anni di informazioni sulla rete se ne lasciano moltissime, oserei dire che si lasciano quasi tutte le informazioni più importanti della propria vita. Dalle foto della mamma a quelle del raduno con gli amici bloggaroli, fino al matrimonio della cugina che ha messo l'album su yahoo photo o qualcosa del genere.
Insomma il tempo mina la “prima” identità del blogger, quella reale. Quella che è ritenuta l'identità “vera” a discapito di quelle virtualmente costruite in un'opera di social engineering al contrario: quanto sia vera questa identità “reale” è qualcosa da stabilire, anche attraverso l'analisi di quella “virtuale”.
D'altro canto il tempo fa crescere la profondità dei rapporti con le persone conosciute via rete e, a meno di essere stati sinceri fin dall'inizio, riesce sempre più difficile riuscire a scrivere un blog che sia allo stesso tempo coerente con le informazioni che hanno (o che possono trovare) coloro che ci seguono via rete e non susciti incomprensioni con coloro che sono divenuti una frequentazione reale (1).
Qui entra in gioco la seconda variabile: lo spazio. Lo spazio che le costruzioni virtuali e le persone che grazie ad esse interagiscono con noi.
(1) vedremo qualche esempio più avanti

11 aprile 2006

A mente fredda

A mente fredda abbiamo vinto. Per quale capriccio o caso del destino non saprei.
Ma siamo al governo, da oggi non ci vergognamo più. Niente più nani e ballerine, niente facce da borghezio o calderoli, niente er pecora o larussa.
Non mi spaventa nemmeno l'"instabilità", con l'instabilità la DC ha governato per cinquant'anni. Noi possiamo farcela per cinque, o per tre.

E se il 49% degli italiani ha la faccia come il culo non è un problema nostro. Non più, non ancora.

09 aprile 2006

sul voto, ma non solo

Stamattina come molti, ho votato. Ulivo e Ds, tanto per essere chiari. Per qualche giorno sono stata tentata da Ds e RnP, ma poi la ragione ha ripreso il controllo e la tentazione è svanita.
Mentre andavo al seggio - che sta alla bellezza di sedici chilometri da casa mia, precisazione che è utile per calcolare i tempi di ciò che vado raccontando in questo post - ragionavo con mio fratello intorno ai possibili scenari post elettorali, non senza una vaga inquietudine che in entrambi, con l'avanzare delle ore si sta trasformando in una vera e propria ansia, per non dire paura. Nel frattempo, il terzo occupante dell'auto dormiva, nell'inconsapevolezza della gioventù - per non dire infanzia - e della minore età.
Mattinata splendida per girare per colli bolognesi, incantati dalla primavera, quando squilla il cellulare. E' C., carissima, sororale amica, madre da tre giorni. Mi chiama per dirmi che l'ho convinta, andrà a votare, e voterà per Diliberto. Sulle prime penso a uno scherzo, ma insiste e mi spiega le tante, le mille ragioni della scelta.
La telefonata comincia così, tra le prime notizie della neonata, le battute sulla maternità e i commenti sugli ultimi giorni di campagna elettorale.
Poi devo rendermi consapevole che davvero la sua intenzione è reale e la sua decisione già presa. I toni si accendono, seppur mitigati dall'affetto. Le chiedo davvero se ha intenzione di regalare il suo voto a un partito che sta appoggiando tutti i regimi dittatoriali che incontra, da Cuba che incarcera gli omossesuali al Libano degli Hezbollah. Se ha intenzione davvero di votare per l'unico partito della sinistra che - caso strano! - ha sempre ospitalità sulle reti di Berlusconi. Un partito di rivoluzionari da salotto non senza l'appoggio interno ed esterno di accademici da concorso. Pare di si, la sua intenzione è questa. A metà strada vacilla, le mie argomentazione forse fanno breccia, ma solo per affetto. A un certo punto mi chiede se davvero per me è così importante, e il tono si fa professionale, da psichiatra qual è. Prendo tempo per rispondere, devo trovare le parole adatte. E non senza esitazioni le dico che in questo momento mi riesce impossibile separare il privato dal politico, le dico che mi sarebbe davvero difficile essere vicino a qualcuno che fa una scelta che trovo indegna di essere definita "politica". Che la polis comincia anche da queste cose, dalla possibilità di condividere con le persone che senti più vicine non scopi o orizzonti, ma "senso" e "intuito" del vivere civile. La scelta di votare Diliberto aprirebbe tra noi una ferita, che poi guarisce, ma che lascia la cicatrice. Mi dice che ci penserà e mi saluta. Oggi pomeriggio mi arriva un sms, un disegno. Una rosa nel pugno. E l'ansia un po' decresce.

07 aprile 2006

Mira e Arturo


Di regola ci si divide tra amanti dei cani e patiti dei gatti.
A casa mia il problema è svegliarli. Luna (l'altro cane) e Paolino (l'altro gatto) non hanno voluto essere fotografati in un momento così intimo.
Ci sono altri quattro gatti, ma non contano.
Urge invece un terzo cane.

06 aprile 2006

Mira



Mira è il nome del cane, non "guarda" in spagnolo

I Lumi ci accompagnano

E dopo Candide, salutiamo l'arrivo di Pangloss.