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23 ottobre 2009

Depressione?

All'estero, sulla roba che studio io ci fondano i dipartimenti. In Italia è complicato far uscire un articolo...

29 giugno 2009

La ricerca malata

La lettera di Rita Clemente al Presidente della Repubblica. Impossibile non diffonderla (e soprattutto impossibile non sottoscriverla)


Caro presidente Napolitano, chi le scrive è una non più giovane ricercatrice precaria che ha deciso di andarsene dal suo Paese
portando con sé tre figli nella speranza che un’altra nazione possa garantire loro una vita migliore di quanto lo Stato italiano abbia garantito al la loro madre. Vado via con rab bia, con la sensazione che la mia abnegazione e la mia dedi zione non siano servite a nulla. Vado via con l’intento di chie dere la cittadinanza dello Stato che vorrà ospitarmi, rinuncian do ad essere italiana.

Signor presidente, la ricerca in questo Paese è ammalata. La cronaca parla chiaro, ma oltre alla cronaca ci sono tantissime realtà che non vengono denun ciate per paura di ritorsione perché, spesso, chi fa ricerca da precario, se denuncia è auto maticamente espulso dal «siste ma » indipendentemente dai ri sultati ottenuti. Chi fa ricerca da precario non può «solo» contare sui risultati che ottie ne, poiché in Italia la benevo lenza dei propri referenti è una variabile indipendente dalla qualità del lavoro. Chi fa ricer ca da precario deve fare i conti con il rinnovo della borsa o del contratto che gli consentirà di mantenersi senza pesare sulla propria famiglia. Non può per mettersi ricorsi costosi e che molto spesso finiscono nel nul la. E poi, perché dovrebbe adi re le vie legali se docenti dichia rati colpevoli sino all’ultimo grado di giudizio per aver con dotto concorsi universitari vio lando le norme non sono mai stati rimossi e hanno continua to a essere eletti (dai loro colle ghi!) commissari in nuovi con corsi?

Io, laureata nel 1990 in Medi cina e Chirurgia all’Università di Pavia, con due specialità, in Pediatria e in Genetica medica, conseguite nella medesima Uni versità, nel 2004 ho avuto l’onore di pubblicare con pri mo nome un articolo sul New England Journal of Medicine i risultati della mia scoperta e cioè che alcune forme di linfo ma maligno possono avere un’origine genetica e che è dun que possibile ereditare dai geni tori la predisposizione a svilup pare questa forma tumorale. Ta le scoperta è stata fatta oggetto di brevetto poi lasciato decade re non essendo stato ritenuto abbastanza interessante dalle istituzioni presso cui lavoravo. Di contro, illustri gruppi di ri cerca stranieri hanno conferma to la mia tesi che è diventata ora parte integrante dei loro progetti: ma, si sa, nemo profe ta in Patria.

Ottenere questi risultati mi è costato impegno e sacrifici: mettevo i bambini a dormire e di notte tornavo in laboratorio, non c’erano sabati o domeni che...

Lavoravo, come tutti i precari, senza versamenti pen sionistici, ferie, malattia. Ho avuto contratti di tutti i tipi: borse di studio, co-co-co, con tratti di consulenza... Come ul timo un contratto a progetto presso l’Istituto di Genetica me dica dell’Università di Pavia, fi nanziato dal Policlinico San Matteo di Pavia.

Sia chiaro: nessuno mi impo neva questi orari. Ero spinta dal mio senso del dovere e dal la forte motivazione di aiutare chi era ammalato. Nel febbraio 2005 mi sono vista costretta a interrompere la ricerca: mi era stato detto che non avrei avuto un futuro. Ho interrotto una ri cerca che molti hanno giudica to promettente, e che avrebbe potuto aggiungere una tessera al puzzle che in tutto il mondo si sta cercando di completare e che potrebbe aiutarci a sconfig gere il cancro.

Desidero evidenziare pro prio questo: il sistema antimeri tocratico danneggia non solo il singolo ricercatore precario, ma soprattutto le persone che vivono in questa Nazione. Una «buona ricerca» può solo aiuta re a crescere; per questo moti vo numerosi Stati europei ed extraeuropei, pur in periodo di profonda crisi economica, han no ritenuto di aumentare i fi­nanziamenti per la ricerca.

È sufficiente, anche in Italia, incrementare gli stanziamenti? Purtroppo no. Se il malcostu me non verrà interrotto, se chi è colpevole non sarà rimosso, se non si faranno emergere i migliori, gli onesti, dare più soldi avrebbe come unica con seguenza quella di potenziare le lobby che usano le Universi tà e gli enti di ricerca come feu do privato e che così facendo distruggono la ricerca.
Con molta amarezza, signor presidente, la saluto.

Rita Clementi

17 febbraio 2009

Piccolo disperato dizionario demagogico dell'università

L'ho ricevuto in mail. E mi parrebbe sommamente ingiusto non condividerlo. Buona (lunga) lettura.
Avvertenza
Si propone all’attenzione del pubblico un nuovo e pratico ausilio lessicale, pensato e realizzato per venire incontro alle esigenze delle giovani generazioni, che si sono trovate ad affrontare la bagarre della protesta senza un efficace supporto terminologico. Gli autori nutrono qualche speranza che i lettori comprendano che il Piccolo Dizionario diventa tanto più demagogico quanto più essi stessi sono disperati. E, comprendendo, perdonino.
(G. Azzena, M. Rendeli)
ammicco, cultura dell’: fenomeno etnologico diffuso tra le classi aristocratiche delle tribù universitarie, per il quale niente è quel che sembra, i tavoli dove si giocano le partite importanti sono sempre “da un’altra parte” e quello per cui vale la pena impegnarsi non è mai quello che stai facendo o che pensi tu, ma quello che stanno facendo e che pensano loro. E che non ti dicono mai.
autonomia: sinonimo di chimera. Termine invalso alla fine degli anni ’80, ad indicare che all’Università è concesso di procurarsi i soldi per campare “in autonomia” (comeinamerica), mentre le leve decisionali restano comunque controllate centralmente (comeinitalia). Detto anche “la bufala” (dell’autonomia), il termine subisce oggi una evidente deriva semantica verso “fondazione” (v.).
autoreferenzialità: 1. patologia psicologica che coglie un buon numero di docenti dopo l’adlectio all’ultima casta (v. docenza, tre fasce di): con essa si intende l’incontrollabile pulsione del soggetto al riferimento unico alla sua esperienza, e alla sua bibliografia (ampia o no che sia); spesso si accompagna a fasi di totale amnesia in merito ad una storia della disciplina che magari vanta secoli di tradizione; 2. accusa infamante da utilizzare per zittire gli universitari quando si vorrebbero occupare dei problemi dell’università (colleghi, cerchiamo di non essere sempre così autoreferenziali!); esiste tuttavia un modo, senza ricorrere a insulti così sanguinosi, per combattere questo tipo di assurda sedizione: basta invitare in TV, a discutere “di università”, veri esperti del ramo quali Alexis Tsoukias e Luca Barbareschi.
baroni: poveri cristi, additati dai media come i padri-padroni-padrini dell’Università: in realtà malinconici funamboli che vivono nel ricordo e nella nostalgia dei veri, antichi baroni-universitari, e sotto il tacco dei Governi, dei duchi (v.), e dei giovani (si fa per dire) colleghi non-baroni che li accusano di essere baroni.
base, ricerca di: quella che non si fa più. Si fanno solo ricerche “di eccellenza” “di rilevante interesse nazionale”, “europee”, “di rilevante interesse europeo”. Nel senso che se io voglio fare una ricerca sugli insediamenti neolitici nel territorio di un minuscolo Comune italiano devo dichiarare, sotto la mia responsabilità, che si tratta di una ricerca “di rilevante interesse nazionale” (PRIN), se non europeo, entrando involontariamente (ma non troppo) in competizione con quella sul cancro.
beni e attività culturali: poliedrico settore della vita del nostro paese, utilizzabile in prossimità di eventi elettorali. Frequentato, nei periodi non elettorali, solo da talebani che ritardano pericolosamente la ripresa economica mediante ridicole attività, solitamente di emergenza (i.e. terroristiche), non confacenti al progresso della Nazione. N.B.: la voce specifica è stata inserita a causa della nota situazione di disperazione permanente degli Autori, ma potrebbe essere estesa anche ad altri campi del sapere privi di ritorno economico, tipicamente ricordati solo in occasione della consegna dei premi Nobel.
bocconiano: figlio di ricchi, ma intelligente (cfr. anche normalista). Non sempre simpaticissimo.
caccia, all’iscritto: sport di massa. Ha conosciuto il suo vero momento di lancio da quando si è deciso che i criteri di valutazione (v.) degli Atenei dovevano essere squisitamente quantitativi. Prevede una seconda fase, detta “frollatura”: una volta catturato, l’iscritto deve essere fatto laureare “in fretta”, così da rispondere ad un altro ottimale criterio di valutazione, il “presto”. Nonché “bene”, secondo un altro criterio di valutazione che, per essere eccessivamente “astratto”, è stato infine reso concretamente: “con buoni voti”, occasionalmente (ma non obbligatoriamente) meritati
calciatore/velina: attività sicuramente più redditizie e meno impegnative dello studio e della ricerca universitaria; i.e. esempi da seguire. Non casualmente le due razze (calciatore e velina) spesso si incontrano (cfr. Cassano A., Pardo P., Dico tutto. E se fa caldo gioco all'ombra (Memorie di A. Cassano), Rizzoli, Milano 2008). Fra le seconde ora si annovera un ministro.
carota, il bastone e la: valutazione churchilliana della condotta da tenere con amici e nemici. Tecnicamente plausibile per l’attuale contingenza della italica università, dove parafrasando una intuizione giolittiana “per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano”..
CFU: acronimo che, malgrado ciò che tutti pensano, non vuol dire Credito Formativo Universitario, ma Circasso Fantasmagorico Umorale. Trattasi dell’unità di misura con la quale si pesano le materie, ovviamente inutili (ça va sans dire) impartite nelle università italiane, scaturente dallo stretto rapporto aritmetico tra lezioni frontali e studio individuale. Ad es.: un tempo l’esame di Storia Romana constava del corso monografico, più 8 volumi da studiare e ben digerire, più 8 mesi di lezione e altrettanti di studio, nonché svariate notti insonni. Alla fine si otteneva: a) un voto, b) conoscere la storia romana. Oggi, grazie alla riforma Moratti, l’esame di Storia Romana consta di ben 6 Circassi Fantasmagorici Umorali. E tanto basti.
clientelismo universitario: slogan mediatico. Quello vero (parentale) rappresenta circa lo 0,5% dei casi. Quello più diffuso (stante un’endemica carenza di veri e propri “geni”) consiste nel tentare di fare entrare nella struttura colui o colei che si sta spezzando la schiena come precario da minimo dieci anni, tralasciando i suoi studi per stare appresso alle esigenze della struttura stessa (...una vita da mediano...) a compilare moduli, a tradurre in inglese, a scrivere lettere, portare proiettori, a fare seminari, tutorati, laboratori, ma anche lezioni, esami, tesi di laurea… insomma più o meno tutto quello che dovrebbe fare il docente (v.) e che spesso non fa perché troppo occupato a cercare qualche soldo con il quale pagarlo.
CNR: entità parastatale caratterizzata dall’essere sempre stata sull’orlo della chiusura. Oggi il termine è più di sovente usato quale parametro (v.) negativo di comparazione: “l’Università è in crisi, ma sapessi il CNR…!”; oppure: “niente, in confronto a quello che sta succedendo al CNR!”. Per abuso in tal senso il termine sta assumendo il significato finale di soglia minima di sopravvivenza (“…qui state peggio che al CNR”).
competitività: il vero, fondante, finale parametro (v.) della c. è stato di recente chiarito dal Mìnistro Gèlmini: “siamo più indietro (perfino) del Cile, che produce più laureati che noi”. V. anche “cuscinetti a sfera, produzione di” sul Novissimo Dizionario della Confindustria.
concorso a cattedra: modo arcaico per dire “valutazione comparativa”. Rientra tra i vocaboli politicamente scorretti, come cubista (= operatrice ludica del poliedro regolare), o nano (= diversamente alto), o camorrista (= operatore autonomo economia parallela), o nero (= abbronzato, diversamente bianco). Si tratta di un prova iniziatica che serve ad entrare nell’università e, poi, a prendere uno stipendio più alto, alla quale è preposta una sacra casta sacerdotale. Prima potevano essere sacerdoti un po’ tutti, ma il Mìnistro Gèlmini (per combattere efficacemente il potere dei Baroni) ha deciso che d’ora in avanti sarà appannaggio esclusivo dei Baroni (cfr. anche: docenza, tre fasce di). Si tratta di prove iniziatiche arcaiche e, per questo, di funzionamento semplice e chiaro, anzi talvolta di una goffaggine disarmante, la cui perversità non sta tanto nei risultati, o nel metodo, quanto nel fatto che chi partecipa sa che, una volta entrato nel meccanismo, prima o poi potrà a sua volta gestirlo. E per questo, e solo per questo, ne accetta con filosofica rassegnazione i ritmi, gli sviluppi e, talvolta, anche la malvagità. N.B.: Il concorso non è l’unico sistema per accedere all’Università: si v. al proposito quanto riportato sub voce “Inganno, fatta la legge trovato l’”.
conigli, collina dei (oppure, depressione dei): luogo adamsiano (R. Adams, La collina dei conigli, Rizzoli, Milano 2008) nel quale trova dimora la maggior parte dei docenti universitari. Partendo dall’assioma che “tutti gli animali sono uguali ma alcuni son più eguali di altri” (così G. Orwell, La fattoria degli animali, Mondadori, Milano 2001), il sito si connota per il silenzio che lo stordisce nel momento in cui istinti politici di qualsiasi genere mostrano la volontà di cambiare le regole in itinere e non. Gli abitanti del luogo si connotano peraltro per la necessità di prendere parola in occasioni stravaganti, al fine esporre il loro pensiero specie se scevro dalla conoscenza dell’argomento.
corso di laurea: (non) libero mercato, regolamentato da duchi (v.) e baroni (v.), all’interno del quale trovano ospitalità docenti strutturati e non strutturati per la loro attività didattica. L’autonomia universitaria (v.), del tipo comeinitalia, ha prodotto non raramente mostri (cfr. fig.: F. Goya, Il sonno della ragione genera mostri - acquaforte acquatinta del 1797) privi di futuro, che rispondessero alle esigenze di singoli docenti; nelle piccole università sono più comunemente costruiti a immagine e somiglianza del duca di turno. St. delle religioni. La moltiplicazione dei Corsi di laurea viene oggi intesa come peccato mortale. La Conferenza Episcopale ha presentato istanza affinché venga annoverata quale undicesimo comandamento (non moltiplicare i corsi di laurea). Nell’attesa di un riscontro all’istanza, nel Libro Iniziatico della Valutazione (v.), la moltiplicazione viene rubricata come peccato perfino più grave dell’età media troppo avanzata dei ricercatori universitari, già indicata come colpa originale degli stessi.
cultura: voce non pervenuta.
destra, programma culturale della: serie di azioni incontrollate, tese a coprire una psicosi di fondo derivante dalla sterilità congenita della destra (in ambito ecumenico) nella produzione di intellettuali (ad eccezione di Vittorio Feltri che comunque ci prova, almeno vestendosi “come un”).
docente: 1. dicesi di persona impegnata a compilare moduli per trovare soldi; o a parlare con Sindaci e Assessori per trovare soldi; o a fare ricerche che non gli interessano perché è lì che c’erano i soldi (e.g. “fare marchette”…); o a divinare qual sia l’idea di ricerca che, nei prossimi cinque minuti, potrebbe piacere al Presidente (non importa di che, basta che sia Presidente) il quale potrebbe dare soldi; o a tradurre in inglese il testo del proprio modulo-per-trovare-soldi perché tra gli anglofoni che transitano in Italia è abitudine visitare Venezia, Firenze, Roma e,nei momenti buchi, dare un occhiata ai suddetti moduli; o, alternativamente, a trovare qualcuno che traduca dall’italiano all’inglese a costo zero (v.) i moduli, perché è un sacrosanto diritto del revisore anonimo (v.) di turno imparare l’inglese mentre valuta le ricerche. 2. Dicesi di persona che, se non sta cercando soldi, è impegnata a riscrivere il regolamento dell’Università secondo i dettami dell’ultimissima riforma (v.). 3. Dicesi di persona che, se disturbata da uno studente mentre sta cercano soldi o riscrivendo il regolamento, risponde: per favore, venga nell’orario di ricevimento. E che, con sguardo opaco, dice al collega che incrocia nel corridoio (cosparso di modelli ENPI, PRIN, FIRB): “finalmente ho due ore di lezione”.
docenza, tre fasce di: suddivisione in caste, ispirata all’organizzazione sociale delle culture del basso Gange. Del tutto inutile da un punto di vista pratico, ma non da quello economico, è per questo il meccanismo sul quale si fonda il funzionamento sociale delle tribù universitarie. Il passaggio dalla casta più bassa a quella più alta avviene mediante il superamento di una serie di prove iniziatiche (concorso a cattedre: v.), basate su una figura simbolica detta “la piramide del ricatto”. Nell’accedere all’ultima casta (il c.d. vastupurusamandala della prima fascia), all’iniziato viene praticato un reset del disco rigido (ctrl-alt-canc), che lo renda, infine, in tutto simile ai suoi pari.
dottorati: aree di parcheggio con abbonamento triennale. Esistono “al coperto” (con borsa”) e “incustodite” (senza borsa).
duchi: più di Baroni. Casta suprema, poco nota ai media e al popolo ma molto incisiva, composta di super-intellettuali (universitari) che, se vogliono, possono anche scrivere sui principali giornali nazionali e parlare a tu per tu col Ministro. Ai duchi si deve l’invenzione di parole quali “merito”, “eccellenza”, “valutazione”, utili per mantenere inalterati attraverso Governi di destra, di sinistra e di centro, i propri titolo, ruolo e conseguenti prebende. Per omnia saecula saeculorum. Amen.
eccellenza: neologismo funzionale, creato dai “duchi” (v.) al fine di riprendersi l’effettivo controllo dei concorsi (v.) e della ricerca, perso per la troppa “autonomia” (v.) e a causa della “moltiplicazione dei corsi di laurea” (v.) e di troppe Facoltà del “sapere inutile” (v.). Si ottiene esclusivamente mediante una cerimonia detta “della solenne autocertificazione”.
edilizia (universitaria): croce e delizia, stella polare di rettori, presidi e duchi che si cimentino con la politica universitaria. In molti casi vige una straordinaria legge del contrappasso (forse una patologia lombrosiana) secondo la quale per istituende strutture universitarie si privilegia il riciclaggio di ex carceri o colonie penali ottocentesche, di strutture dismesse dopo l’approvazione della Legge Basaglia (ospedali psichiatrici)… Rara avis è il campus universitario. Campus con alloggi per studenti: voce non pervenuta.
educazione: termine arcaico, probabilmente risalente a substrati linguistici preindoeuropei, comunque attualmente in disuso e a-significante.
esempio: animale estinto perché smise inopinatamente di riprodursi (v. studio, studiare).
FFO (Fondo di Funzionamento Ordinario): ciò che l’apparato statale concede alle università per sopravvivere. Tale fondo, rimasto nel suo complesso immutato negli ultimi decenni (ma questo rientra nella casistica “miracolo di San Gennaro”), ha visto un progressivo e costante decremento per singolo ateneo in relazione all’aumento esponenziale dei richiedenti (che siano pubblici, privati o telematici non fa differenza). La morale è che delle 115 istituzioni universitarie nessuna oggi è contenta e tutte piangono miseria…
fondazione universitaria: sinonimo di ente pubblico (sic!) o privato, di singola persona assai benestante (!) che nutra il recondito desiderio di finanziare un’università, una sua facoltà, un suo dipartimento. Più semplicemente, conoscendo i meccanismi del Bel Paese, sarà una privata richiesta di elargizione, ad esempio, per l’iscrizione in un prestigioso, italico ateneo.
inganno, fatta la legge trovato l’: a) cervelli, rientro dei: della corsa al rientro hanno fatto parte anche studiosi che hanno lasciato il nostro paese consapevolmente e hanno creduto di poter rientrare senza il forte appoggio delle alte sfere; ma ora il rientro sembra essere più volgarmente la soluzione ottimale per duchi e rettori che, in suo nome, possono far rientrare, quasi totalmente a spese del ministero, fidi scudieri che hanno trascorso un periodo (tre anni, ma non continuativi…) di ricerca all’estero, senza farli passare dalle “forche caudine” del concorso (v.); b) fama, chiara: operazione di cooptazione di uno studioso che abbia recato un contributo vitale alla scienza, e che sia colto, fascinoso, talentuoso, geniale, militesente, possibilmente bella presenza. Stante la perdurante latitanza di persone di questo tipo (che, se esistono, certamente non hanno nessuna interesse a fare il professore universitario), tutta l’operazione consiste nell’assumere direttamente e senza tante storie qualche amico di duca (v.). Cfr. (ma solo per i lettori più acuti) “turn-over”.
investimento: il termine indica i soldi che ogni docente investe (de sua pecunia, dicevano le iscrizioni latine…) per fare ricerca, pagarsi le trasferte, confrontare le proprie idee con altri studiosi, partecipare a convegni et similia. Oppure: incidente stradale che normalmente vede coinvolti un autoveicolo e un pedone. Non risultano da molti anni altre tipologie di investimenti.
istituzione: animale mai esistito o altrimenti da molto tempo estinto. Il termine è però tuttora in uso, anche se in forma traslata e in ambienti snob, ad indicare l’Università in quanto tale, cioè quella che non serve a riprodurre docenti (v. Lodge, legge di) ma a produrre cultura e progresso (scientifico e umanistico). Nel nostro paese, come nelle società aristocratiche di tempi remoti, la preminenza di famiglie eminenti (v. duchi) rende però tale sovrastruttura (e conseguentemente anche il termine che la indica) del tutto inutile: ciò provoca una escalation nella personalizzazione e nella creazione di costellazioni delle più diverse forme di potere interne al sistema (facoltà, dipartimenti, corsi di laurea, centri di eccellenza ecc. ecc.). Caratteristica è la loro non riproducibilità in caso di cessazione o assenza (per trasferimento, pensionamento o
quant’altro) dell’aristocratico di riferimento. Il confronto con altre galassie (università europee o americane) è inutile e fors’anche dannoso.
laurea: sinonimo di perdita di tempo, frapposta tra l’individuo e le mete più agognate (v. “calciatore/velina”,“SUV”); valore legale della: qualcosa da abolire con grande urgenza per rendere più felici le università private.
lenticchie, piatto di: unità di misura premonetale con la quale i vari Governi (compreso l’ultimo) hanno comprato il consenso delle tribù universitarie. Alle lenticchie si accompagna, oltre alla classica cipolla, un sistema sicuro di controllo dei concorsi a cattedre: elezione, elezione ed estrazione, estrazione da una lista di votati, votazione di una lista di estratti, estrazione di votati da una lista di estratti, liste di votanti estratti, estrazione di liste votanti… come sia sia: l’importante è mantenerne comunque saldo il controllo. Anzi, sempre più saldo, come ben dimostrano i commi 4 e 5 dell’art. 1 del decreto Gèlmini.
Libro Iniziatico della Valutazione: Esattamente come il Necronimicon è un libro inesistente, ma al quale tutti fanno riferimento come se esistesse. Conterrebbe, secondo gli alchimisti, la formula per valutare qualsiasi “prodotto” della cultura, specie se di ambito universitario: dalla presenza o meno dei cancellini nelle aule fino al numero medio di scarpa dei membri del Senato Accademico, ogni attività che possa svolgersi in un Ateneo è ivi contemplata e comparativamente valutata. Sono famosi i falsi: quello del Necronomicon, comparso nel 1941 sul catalogo di Philip Duchesne libraio in New York, e quello del L.I.V., messo in vendita su eBay da tal Jiao Tong, antiquario-bibliofilo di Shangai.
Lodge, legge di: legge che presiede alla riproducibilità dell’ultima casta (il c.d. vastupurusamandala della prima fascia - v. docenza, tre fasce di), teorizzata e materialmente testata nel volume di D. Lodge, Il professore va al congresso, Bompiani, Milano 2002. In essa si dimostra come un ordinario scelga un successore mediamente meno dotato di lui per poterlo controllare: ciò porta alla creazione di una catena di progressivo rimbecillimento della figura fino a quando, in fondo a essa, il docente non si accorge di aver scelto un Einstein… e la catena ricomincia. Ogni riferimento alle teorie vichiane (corsi e ricorsi…) è inutile perché incomprensibile ai più.
L.U.I.S.S., Libera Università Internazionale degli Studi Sociali: ateneo privato che dal 1974 sostituisce l’Università Internazionale degli Studi Sociali Pro Deo, fondata da Padre Felix Andrew Morlion nel 1946; la pronuncia "Liuiss" è più frequente nel linguaggio corrente, specie in quello delle mamme dei giovani frequentanti, per fraintendimento fra l’acronimo italiano (vaticano) e una parola in lingua inglese.
Marcegaglia Emma, commenti positivi sulla riforma Gelmini. Questa voce è stata erroneamente trasferita su questo Dizionario dalla “Rubrica del Chissenefrega”.
merito, meritocrazia: vocabolo-muro (del tipo: “buco dell’ozono”, “innalzamento della temperatura terrestre”, “cucciolo di foca”) contro il quale si può solo battere la testa. Ti ci devi fermare davanti e arrenderti alla sua solidità mediatica e retorica, anche perché se dici che di veri geni non ne hai mai conosciuti e che forse bisognerebbe capire che cos’è esattamente
“merito” dentro le università, o sei con piena evidenza uno “sfigato immeritevole”, o sei Fabrizio De Andrè (e questo non può essere).
moduli, modulistica: (v. progetto). Strumentazione atta principalmente “a trovare soldi”, ma funzionante anche in altri campi della cultura (v.) e della vita universitaria. La “complessità” ne è parte integrante e condizione essenziale. La progressiva evoluzione della complessità (inversamente proporzionale alla quantità dei fondi erogati) è stata nel tempo curata dal benemerito U.C.A.S.E.S.I: malgrado questo Ufficio lavori per il bene del Paese da molti anni, non se ne conosce l’indirizzo, ma si può dire che l“Ufficio Complicazione Affari Semplici E Spesso Inutili” abbia filiali ovunque. Storia. I moduli-per-trovare-soldi (v. docente) nell’antichità constavano di due pagine e una decina di spazi compliabili (nome, cognome, oggetto della ricerca, soldi necessari, firma…); oggi i ponderosi tomi di istruzioni che li accompagnano contengono indicazioni del tipo: per ottenere il finanziamento ti inoltrerai nella palude di Gondrurf, e attraverserai il paese degli elfi, per giungere alla porta scarlatta di Bendramalius, ove è l’Antico Guardiano… (per il bene del Progetto occorre immaginare la frase letta da Gianni Musy che, per chiarezza, è il doppiatore di Albus Silente).
normalista: talora un minimo più simpatico del bocconiano (v.).
OCSE (dati e media): entità superiore, semidivina, che per una lex arcaica (cfr. Varro d.l.l. 6, 18) si è tenuti a nominare molto ma mai indagare nel dettaglio. Anche perché, se lo si facesse, si scoprirebbe che, per adeguarci alla media OCSE (sempre sia lodata), non bisogna tagliare, semmai aggiungere quattro miliardi di Euro.
parametri: intuitivamente sembra indicare qualcosa per misurare qualcosa ma, come “paramedico” o “parafarmacia”, in forma non compiutamente professionale. La legislazione in corso di approvazione aiuterà molto nella determinazione di veri e funzionali parametri: un docente per essere “bravo” deve “fare due prodotti all’anno” (cfr. anche Novissimo Dizionario di Zoologia, sub voce “mucca”).
partenariato: termine complementare a “progetto” (v.): “no partner? no project!”, è un antico detto fiammingo, ancora oggi in voga a Bruxelles dove ogni progetto ha origine e fine. In Italia stanno prendendo piede piccole Agenzie del Partenariato sul modello di “cuori solitari” che possono fornire ai docenti “celibi” partners affidabili, puliti e carini, europei, extraeuropei, mediterranei.
potere, logora chi non ce l’ha: aforisma in voga nel mondo politico della prima repubblica e perfettamente calzante per tutti coloro, docenti e non (con eccezione, forse, dei duchi, v.), che pensano o hanno pensato di cambiare il sistema universitario. L’aforisma in questione fa da pendant con l’altro ben noto detto “A frate’ dimme che te serve…”: cambiando l’ordine dei protagonisti il prodotto non cambia.
precari: il 50% del personale in servizio effettivo negli Atenei italiani. Sta anche per “entità ricattabile all’infinito”.
progetto: Sistema unico per avere i soldi per fare la ricerca. Deve essere sempre espresso anche in lingua inglese. La scadenza per la presentazione dei progetti è stabilita per Legge a due giorni dopo la pubblicazione del bando; alternativamente il 18 agosto o il 2 gennaio. La regola base è “chi è ricco diventa sempre più ricco": ricevono i finanziamenti, cioè, progetti che già si muovono in un quadro “ampiamente consolidato”. Quello che non è dato capire è: se ci viene un'idea veramente - ma veramente - geniale, che per essere tale NON PUO' ESSERE CONSOLIDATA, come facciamo ad avere il PRIMO finanziamento? (Non è il caso nostro, naturalmente: si fa così per dire).
rettori: partito politico trasversale, cui le 10 Proposte del PD (v. Sinistra…) intendono attribuire ulteriori poteri, ispirati in forma e sostanza a quelli delle dinastie ellenistiche post-alessandrine. Esplica la sua attività in modo tendenzialmente vitalizio. Per essere rettori è bene essere “figli di partigiani e/o di minatori”. Il rettore non teme l’onda, anzi non teme niente, tranne: a) che il cielo gli cada sulla testa; b) il mandato unico.
revisore anonimo: colui che c’è ma non si vede; colui che, nella penombra della sua stanzetta, con la mano sul cuore ed il pensiero rivolto alla vecchia mamma e/o al tricolore, fornirà con giustizia e equanimità (e che sia dato il bando ad ogni rancore!) un giudizio fortemente positivo sulla ricerca del suo nemico giurato.
riforme universitarie: gattopardesca sequela di decreti e disegni di legge che nascono con alcune intenzioni e sfociano in tutt’altro grazie all’intervento munifico di consigli delle più diverse corporazioni di cattedratici. Generalmente redatte in italianese (e.g. non dire nulla con linguaggio difficile), rivoluzionano ogni volta radicalmente il sistema e costringono i duchi (v.) a inventare i più brillanti sotterfugi perché tutto rimanga uguale a prima. Costringono inoltre i non-duchi a passare diversi mesi (e nottate) ad adeguare il sistema (cfr. tre più due) sia alle regole della riforma sia alle esigenze di duchi e baroni (operazione non sempre facile) i quali nel frattempo se ne vanno in giro dicendo: “non so voi come fate: io non ne ho capito proprio nulla…”. La storia recente delle riforme universitarie ha prodotto: a) il protagonismo del ministro dell’Università o della Pubblica Istruzione di turno: O. Zecchino, L. Berlinguer, L. Moratti, F. Mussi e ora M. Gelmini hanno scritto pagine indelebili, commoventi e spesso assolutamente rivoluzionarie per l’istituzione (v.) universitaria; b) lo zero, costo (v.).
sapere (inutile): quello che non produce immediato indotto economico. Oppure: tutte quelle materie che, sottoposte al vaglio del Mìnistro Gèlmini (o, in sua vece, ad Emma Marcegaglia) le risultano ostiche, quando non ignote (ad es. glottologia, paleografia, filologia romanza, papirologia ecc.)
sinistra, le 10 proposte del PD: articolazione maldestra di finta intenzionalità, per di più tardiva.
studio, studiare…: attività propria di giovani e meno giovani generazioni di “fannulloni” che perdono tempo in attività economicamente non remunerative, strappando altresì, con crudeltà, braccia all’agricoltura (e alla pastorizia: così anche Gavino Ledda, nell’ultima intervista a La Repubblica). L’esito di questa disdicevole attività è presente sub voce sapere e cultura. In tempi lontani, cronologicamente non quantificabili, tale attività era mostrata attraverso l’esempio (v.)offerto dai maestri (forse anche baroni, ma pur sempre maestri…) che popolavano gli italici atenei.
SUV: discrimine culturale, prima ancora che sociale. Sta anche per perdita di tempo pedagogica, nel senso che è culturalmente ed economicamente sbagliato continuare a spiegare ai propri figli e agli studenti che, per essere identificati come componenti della compagine umana, non è necessario possedere un SUV.
tecnologica-e-scientifica: epiteto omerico. Apposizione fissa del sostantivo “ricerca”. Per quella “umanistica” cfr. invece: sapere inutile.
trasmissione: (arc.) un tempo indicava il meccanismo insito nella evoluzione del sapere da generazione a generazione mediante lo studio (v.) e la ricerca (v.). In tempi lontani i maestri dicevano di essere “nani sulle spalle di giganti”, ma poiché attualmente i giganti risultano estinti e i nani hanno preso il potere, sembra più conforme l’accezione del vocabolo “parte fondamentale del meccanismo di funzionamento di un autoveicolo”, ad es. di un SUV (v.).
tre più due: gioco da tavolo, il cui regolamento deve essere modificato, per legge, entro e non oltre il novantesimo giorno dalla presa di servizio del Ministro dell’Università entrante.
tre carte, gioco delle: altro gioco da tavolo in voga presso le stazioni ferroviarie napoletane e consistente nell’estorcere a ignari passanti somme di danaro. L’impressione che tale attività ludica possa essere connessa con il mondo dell’università deriva dalla profonda discrasia esistente fra regole annunciate al grande pubblico e natura dei decreti emessi: si confronti la lotta alla baronia e al nepotismo annunciata, rispetto alla natura e alla composizione delle commissioni di concorso nel funzionamento sociale delle tribù universitarie (v. docenza, tre fasce di).
turn over: tipo di promozione mercantile, offerta lancio: “lasci cinque prendi uno”. Geogr.: sinonimo di desertificazione pianificata.
umanistica, cultura: voce non pervenuta, comunque costosa ed economicamente improduttiva. Trattasi della vocazione di molti a interessarsi di cose che, come direbbero i vecchi zii dei romanzi ottocenteschi, sono un lusso per la società.
valutazione: operazione vincente, iniziata da un Governo di sinistra, che come primo provvedimento ha speso 3.500.000 Euro per far valutare da revisori anonimi (v.) 17.329 prodotti (sic!) presentati da 102 strutture, 77 università, 12 enti pubblici di ricerca, 13 istituzioni private di ricerca. Il Dècreto Gèlmini non è ancora del tutto chiaro su come si procederà in questo senso (ma è chiaro che chi valuterà dovrà comunque essere professore di I fascia), ma si può ricordare che, nel 2006, la commissione dei Valutatori dei Progetti di Ricerca era così composta: 14 "garanti", di cui 7 nominati dal Ministro "mentre" i restanti 7 sono scelti dal Ministro in una rosa (aulentissima?). E ogni valutatore percepiva 10.000 euro all'anno e il Presidente (presumibilmente nominato dal Ministro) 15.000. Storia. Nessuno mai, nella lunga storia del mondo, si è minimamente preoccupato di cosa si debba fare sul serio per “valutare”; e di quali possano essere i metodi della valutazione, lo stile, il sistema, i tempi, perfino le finalità ultime.
Tutti, nei secoli, sono rimasti concentrati sull'idea fissa, la madre di tutte le preoccupazioni, l’archetipo di ogni domanda: chi sarà a valutare?
zero, costo: moda, la più in voga da almeno venti anni. Maniera elegante per definire l’impegno del dicastero nel momento in cui si attuino cambiamenti: secondo fattore comune alle riforme universitarie (v.). Prove di laboratorio dell’applicazione dello “zero, costo” sono state condotte con i carburatoristi, ai quali è stato chiesto di modificare (alias truccare) alcuni vecchi motorini “a costo zero”: per i risultati della sperimentazione si v. la conclusione del lemma “Zorro”.
Zorro: o meglio Zoro, con una “ere” sola. Etim. Il lemma presenta due distinte radici: a) un tempo, a Roma, per definire una persona di volgari e campagnole maniere su usava darle del “burino”. Burino evolse presto in “buro”; sul finire dei Sessanta, però, alcune ragazze della “Roma bene” (quelle con molti colpi di sole nei capelli) poiché tipicamente fonanti “a bocca larga” decisero che suonasse meglio boro, appellativo massimamente dispregiativo che a sua volta si sarebbe trasformato, più recentemente, in “zoro” (= volgarone o, secondo la forma oggi più diffusa, coatto, coattone). b) In questa sede si preferisce tuttavia l’etimo filologicamente più corretto, di derivazione iberica (tu eres un zorro… = sei una volpe), i.e. un furbacchione, del tipo di quello che sta provando a passare davanti alla fila dei bollettini e che si può correttamente apostrofare con un: “a Zoroo!!”. Quanto finora esposto si rende necessario per una migliore definizione semantica dell’art. 17 del Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112 (Decreto Tremonti), definizione che vale la pena supportare con un semplice esperimento pratico, replicabile anche in ambienti chiusi e non protetti: qualcuno legge ad alta voce l’art. 17 nel punto dove recita: “a decorrere dal 1° luglio 2008, le dotazioni patrimoniali e ogni altro rapporto giuridico della Fondazione IRI in essere a tale data, ad eccezione di quanto previsto al comma 3, sono devolute alla Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia”; a questo punto, se l’esperimento si è svolto senza errori, tutti quelli che ascoltano dovrebbero rispondere, spontaneamente e in coro: a Zorooo!

04 febbraio 2009

Desideri

Voglio andare a insegnare qui.

23 ottobre 2008

Call for Paper elvetiche

Visto che la scadenza è il primo dicembre, penso utilizzerò il prossimo raduno usenet - previsto per il 7 novembre - per raccogliere input.

CALL FOR ABSTRACTS

CANNABIS & PHILOSOPHY: WHAT WERE WE JUST TALKING ABOUT?

Dale Jacquette (ed.) Senior Professorial Chair in Theoretical Philosophy University of Bern, Switzerland


Abstracts with titles are solicited for a new volume in the Wiley-Blackwell series Philosophy for everyone, under the general series editorship of Fritz Allhoff. Like previous volumes in the successful ancestral Epicurean Philosophy series including Beer & Philosophy: The Unexamined Beer Isn’t Worth Drinking, Wine & Philosophy: A Symposium on Thinking and Drinking, and Food & Philosophy: Eat, Think, and Be Merry Cannabis and Philosophy will focus on philosophical, social, and economic aspects of a
popular albeit illegal indulgence.

There are countless philosophically interesting issues related to cannabis use. Suggestions for
topics include but are by no means limited to: cannabis gourmandise; phenomenology and
epistemology of cannabis intoxication; distinction between substance use and substance
abuse; morality of illegal substance ingestion; civil disobedience and cannabis use; medicinal
marijuana and the morality of legal sanctions against medically prescribed usage; related
health aspects of cannabis; definitions of ‘soft’ and ‘hard’ drugs; whether cannabis is a gateway
substance to harder substances; cannabis-influenced aesthetics in art and music;
political aspects of cannabis legalization and decriminalization movements; medical and
psychological effects of cannabis use, short- and long-term; social implications of cannabis
prohibition; relativism and cannabis-induced alterations of perception; memory and cannabis
use; impact of cannabis on popular culture; cannabis and nineteenth century literature;
globalism and worldwide cannabis cultivation practices; cannabis tourism; legal and social
dimensions of home cultivation; cannabis and philosophical insight; cannabis and the critical
outlook in philosophy; enhancement of pleasures using recreational drugs.

Contributors to the volume will include philosophers, academics outside of philosophy in
fields related to the volume’s themes, and knowledgeable experts in the industry and
production of cannabis and paraphernalia. There is no presumption that by writing for this volume
a contributor implies either personal cannabis ingestion or an endorsement of cannabis use by
others. The volume introduction will contain explicit disclaimers to this effect, and
individual contributors are welcome if they choose also to emphasize this fact in their own
specific cases. Critics of cannabis are especially invited to contribute. We will be
treating an important theme in an academic fashion like any other of social importance,
although we expect the collection also to feature a certain amount of fun and mature good humor
about marijuana use; contributors are accordingly encouraged if they choose to relate personal
anecdotes and impressions if any of their own or acquaintances’ experience with cannabis.

02 ottobre 2008

Università e precari

Tre link per seguire cosa accade all'università:




E' che si entra in un circolo vizioso; se da un lato è doveroso opporsi opporsi alla politica intorno all'università di un governo che sta cercando solo di smantellarla, dall'altro prevale l'amara consapevolezza che si cerca di difendere un sistema che vuole esclusivamente perpetuare  il suo potere, e che ha ai suoi vertici personaggi che sono realmente interessati alla ricerca più o meno come Berlusconi e i suoi guitti travestiti da sgherri.

Anche se la ricerca in Italia è finita, e questo ben prima dei tagli degli ultimi dieci anni, nel mondo continua, e l'umanità non soffrirà se nel nostro paese si deciderà di formalizzarne la fine.

E la domanda che mi faccio è: è etico, morale, corretto difendere questo sistema dai tagli del nano? La prima risposta che mi viene è: no; poi chiaro che - obtorto collo - si fa quel che si può, ma fortunatamente è poco.

Università, ricerca e tagli

Due link, due articoli da fronti opposti. 
Che Vattimo firmi un appello contro i tagli che bloccano la ricerca mi muove a una franca risata; se nei dipartimenti di filosofia non si fa (o si fa poca) ricerca la prima responsabilità va cercata in coloro che da quaranta anni lavorano all'università, sono nelle commissioni di concorso e firmano i progetti di ricerca. Per quel che mi riguarda, se decidessero domani di chiudere tutti i dipartimenti di filosofia in Italia e ricominciare da zero (o anche non ricominciare) non mi farei sfuggire una lacrima.

L'altro link porta un sito interessante, precaridellaricerca e narra dell'occupazione della presidenza del CNR e ben illustra anche il comportamento e il ruolo del sindacato all'università; e qui mi viene spontanea una domanda: per la didattica e la ricerca, il sindacato, oltre a mettere in cattedra un plotone di gente per lo più scarsamente portata, che altro ha fatto?

22 agosto 2008

Filosofia italiana

E' passato più o meno un anno da quando ho scritto questo post. Lo riconfermo, lo rivendico, non ho cambiato idea. 

Ma porca miseria, è mai possibile che cercando un sunto del pensiero di Pomponazzi, io prenda in mano un libro sull'umanesimo italiano e prima di sapere cosa accidenti ha strologato Pomponazzi sull'etica mi debba sorbire 35 pagine della sua formazione giovanile e sul pensiero del suo maestro Achillini - "peraltro meno brillante e profondo"? E se è meno brillante e profondo e tu hai un capitolo che si intitola l'etica di Pomponazzi per quale accidenti di motivo gli dedichi tutte quelle pagine?
Che poi la formazione giovanile non è stata poi così lunga, considerato che a 26 anni era in cattedra. 
Ma almeno il contrario si poteva fare? Prima cosa ha detto e POI come (forse, chissà perchè, ipotizziamo) ha imparato a leggere e scrivere.

Intanto Obama (classe 1961) corre per la presidenza usa. Uno dei miei più cari amici (classe 1958) è considerato troppo giovane per fare l'associato.

10 marzo 2008

Saperi virtuali

Tre giorni di convegno con relazioni di dodici minuti (più tre per la discussione) su cinque sessioni parallele comportano un notevole dispendio di calorie. In primo luogo la colazione, lungi dall'essere un lento momento in cui il mondo ti chiede scusa di esistere, diventa una sorta di sudoku (ma quanto è scemo come gioco il sudoku??) in cui si cerca di incastrare una serie di X a contrassegnare le relazioni che si vogliono sentire, saltando da una sala all'altra.
E la fregatura è che sono molte sono davvero interessanti, e altre ti trovi ad ascoltarle per puro spirito accademico/amicale. Se hai condiviso il buffet con Samaya, docente sudafricana di matematica, costringendo un paio di camerieri a doppi giri con la birra, come potresti sottrarti al suo intervendo dedicato all'insegnamento della matematica ai bambini delle tribù rurali?

E ci vogliamo perdere il simpaticissimo belga che parla delle lezioni in mobile-tv sulla banda larga dei treni? Certo, impossibile, dal momento che costui si è sobbarcato l'ingrato compito di spiegare al tizio della piscina che era imprescindibile un portacenere. E pazienza se tra Roma e Bologna a stento esiste il GPRS e che quindi delle nuove nozioni sulla mobile-tv non te ne farai nulla per almeno altri dieci anni.

E' stato uno splendido tuffo nel mondo esterno (esterno all'italia intendo), anche se qualche perplessità non manca. Il convegno era dedicato al rapporto tra didattica e nuove tecnologie, in tutte le sue forme. E-learning, middle learning, web 2.0, tutto quello che può riguardare il mondo wiki, passando dal podcast ai video, ai documentari, and so on.

La prima cosa da ricordare è che gli investimenti in questo settore corrono fluenti e copiosi. Basta presentare progetti di didattica multimediale, a distanza, con l'ipod, con le cuffie stereo, con i video multicolori e si ricevono denari su denari. In mezzo ovviamente c'è di tutto, i progetti seri come no. Ma sembra che ci si ponga, almeno da parte dei più avvertiti, un paio domande per me importanti.

1. Non è possibile insegnare tutto in e-learning o in video. Tutt'altro. Argomenti e discipline vanno scelti con oculatezza, perchè se è vero che è possibile costruire un programma interattivo per l'insegnamento del greco o della matematica, progettare un corso di filosofia teoretica o di fisica delle particelle in e-learning è tutt'altro che semplice.

2. Le nuove forme didattiche sono - appunto - nuove. Vanno testate, modificate in progress. E questo significa che partire con progetti completi di curricula è un passo quantomeno azzardato. Se si rivelassero fallaci avrebbero come conseguenza studenti usati come cavie ed eticamente non mi pare molto corretto.

3. Sarebbe interessante capire perchè noi, che siamo arrivati con le nostre relazioni, i nostri case-study, le nostre presentazioni video e/o power point, avevamo tutti la nostra relazione scritta, molti l'hanno letta, alcuni l'hanno usata come traccia, e, a dispetto di collegamenti video, video conferenze, mail e skype, il must più gettonato per scambiarsi idee e riflessioni è rimasto comunque l'incontro davanti a un caffe'.


04 marzo 2008

Tempi e opportunittà

Finito il convegno, ho un intero giorno di vacanza in Valencia.
Naturalmente la temperatura è precipitata da 25 gradi a 12.
Non scherzo! alle 14.00 di oggi c'erano 25 gradi. Alle 18.50 ce ne sono 12.

Grazie eh?

03 marzo 2008

Valencia


E' ancora più bella di come la ricordavo. E c'è il sole. Per il momento sono al congresso dello Iated, dove domani pomeriggio presento una roba dal titolo altisonante che vi risparmio. Ma il tempo per fare un giro alla città delle arti e della scienza devo trovarlo.

31 gennaio 2008

Ricerca e cash

Chi ha detto che con la ricerca non ci si arricchisce?
L'albergo convenzionato per i relatori a un convegno spagnolo costa 290 (duecentonovanta) euro a notte. Prima colazione compresa, ovviamente.
Comunque tre giorni a Valencia a marzo sono un ottimo modo per rompere la routine.

ps. ha qualche anno, ma Il professore va al congresso se non l'avete letto è d'obbligo; tanto più che a quanto pare ha inaugurato un genere, il campus novel.

18 gennaio 2008

La Sapienza, il papa e il CNR

A mente fredda proviamo a mettere insieme un paio di cose.
Sul sito di Sinistra Democratica ieri è apparso un articolo di Giorgio Parisi (non ha bisogno di altre presentazioni, se non sapete chi è vergognatevi e googlate).
L'articolo riassume un po' i fatti ma soprattutto i tempi. I tempi sono importanti.
Scrive Parisi:

"Il primo atto è stata una lettera di Marcello Cini pubblicata sul Manifesto il 15 Novembre scorso, reperibile su questo sito all’indirizzo http://www.sinistra-democratica.it/libert-diritti-etica/libert-0. Successivamente verso il 20 novembre (attenzione alla data) una sessantina di docenti della sapienza hanno scritto al proprio rettore la seguente lettera (che gli è stata consegnata fisicamente):"

E riporta per intero la lettera. Più avanti scrive:
"Come docente di un’università ritengo mio diritto e dovere interloquire col mio rettore su chi far intervenire alla cerimonia di apertura dell’anno accademico, che è un momento simbolico per l'inizio del percorso formativo universitario. Mi pare che tutto ciò faccia parte normale della dialettica interna di un’università che deve scegliere chi far parlare all’inaugurazione dell’anno accademico in base a considerazioni di varia natura."

Quindi, tra il 15 e il 20 novembre i professori della Sapienza cercano di esercitare un diritto, quello di confrontarsi su chi invitare o meno all'inaugurazione dell'anno accademico.

Ma il rettore non risponde.
"Il rettore non ci ha risposto ed poco accortamente è andato avanti per la sua strada. A questo punto per noi (o almeno per la stragrande maggioranza dei firmatari) la questione era chiusa. La lettera è rispuntata fuori nei giorni recenti talmente all’improvviso che alcuni giornali (tra cui l’Unità) hanno preso un abbaglio ed hanno pensato che fosse stata scritta il 10 gennaio."

A quanto pare questa lettera è rimasta in qualche cassetto, senza avere nessuna risposta, per più di venti giorni. E poi improvvisamente è arrivata sui giornali.

Chissà, forse la spiegazione può essere questa: dal sito del Senato, ecco uno stralcio del verbale della seduta di ieri

"SULLA PROPOSTA DI NOMINA DEL PROFESSOR MAIANI A PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE

Il senatore ASCIUTTI (FI) chiede che il ministro Mussi sia chiamato in Commissione a confermare la designazione del professor Maiani alla presidenza del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), anche a seguito dei recenti avvenimenti che hanno interessato l'università La Sapienza di Roma. Nel rammentare che il candidato risulta firmatario della lettera nella quale un esiguo gruppo di docenti ha espresso un orientamento contrario alla presenza del Pontefice in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico, ritiene che tale posizione sia incompatibile con un atteggiamento equilibrato e laico, tanto più che al vertice del CNR occorre una personalità rappresentativa di tutte le opinioni. Rammenta altresì che lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri ha stigmatizzato il comportamento dei firmatari dell'appello."


Ho idea che tutta questa faccenda possa essere archiviata sotto la tag "vita accademica".

Hat tip: Riccardo.

16 gennaio 2008

Il papa, La sapienza e l'impiccato

E' l'argomento del giorno. E allora anche i miei due centesimi.
Per prima cosa mi piacerebbe sapere chi ha avuto la primigenia idea di chiamare il papa a tenere la lectio magistralis all'università di Roma. Perchè la lectio magistralis non è solo un generico discorso d'inizio anno, ma è il discorso che tratteggia l'indirizzo dell'università, ne indica - se volete - l'ideologia di riferimento.

E' ben chiaro che non può essere tenuta se non da chi si riconosce nella libera ricerca. E non è il caso del papa.

Ovvio che per il papa non è un problema tenere la lectio, tutt'altro; ma dovrebbe essere un problema per chiunque si riconosca nell'università come istituzione.

E la prima domanda che viene a me è appunto questa: chi ha avuto l'idea? Perchè chi ha avuto l'idea è il problema vero. Chi ci ha pensato non si riconosce per primo nell'idea di universitas.

Non è questione di essere cattolici, laici, atei, no. Non è nemmeno un problema di libertà di espressione. E' una questione di ruolo, che evidentemente non è più sentito.

Chiunque abbia fatto l'università ha partecipato almeno a uno sciopero, a una protesta, a un sit-in, se non altro come spettatore. Durante non ricordo più quale protesta, per non ricordo più quale ventilata riforma universitaria, è capitato anche a me. Durante una lezione un paio di studenti chiesero la parola per spiegare le ragioni della protesta. Il professore li ascoltò pazientemente, affermò di essere a sua volta poco convinto di molti aspetti della ventilata riforma, e concluse affermando che non sarebbe andata in porto perchè "sopra un professore ordinario c'è solo dio". Un'affermazione arrogante, senza alcun dubbio, finanche un'affermazione di arroganza scientifica se volete, ma era l'affermazione di una persona cosciente e consapevole del suo ruolo, che non accettava nessuna indicazione se non da qualcuno che riconosceva come suo pari.
Ecco, mi pare che - al di là delle baronie, e di tutti i mali della classe docente universitaria e non - sia venuta a mancare questa consapevolezza.

E a Roma c'è stato chi ha pensato bene fosse il caso di ascoltare la lezione del parroco prima di andare in aula. E' questo l'aspetto spaventoso della questione.

E' troppo lunga la lista dei proni e mi pare anche doveroso ringraziare chi prono non ha voluto mettersi.

ps. Il gran rifiuto del Vaticano mi pare abbastanza spiegabile. Sui media stranieri non ci va mai, pensate davvero che avrebbe voluto essere sulla CNN con la polizia che caricava i manifestanti mentre il papa teneva la lectio all'università?

07 gennaio 2008

Houston abbiamo un problema

Questo interessante e intrigante articolo di inminoranza, open source e peer rewiew, mi porta a fare qualche considerazione a margine, un po' troppo lunga per essere un commento accettabile, e poi sposto anche un po' la questione, inminoranza non me ne voglia.

La metafora della cattedrale è splendida, e allora proviamo a capire come è strutturato il meccanismo di entrata e come si cerca di rinnovarlo.

Non molto tempo fa è uscito il nuovo regolamento Mussi per il reclutamento dei ricercatori. Per farla breve prevede un concorso nazionale sulla sola base dei titoli che fa ottenere l'idoneità e poi ogni università bandisce i concorsi sulla base delle esigenze. Ai concorsi locali ovviamente possono partecipare solo coloro che sono risultati idonei a quello nazionale.

Per evitare un effetto todos caballeros e poi ci scanniamo dove serve il concorso nazionale prevede un massimo di idonei: un quarto, più o meno.

Quindi, facendo l'ipotesi che al concorso nazionale partecipino in mille, solo duecentocinquanta hanno la possibilità di rientrare nel novero degli idonei.

A rigore, poteva anche saltar fuori che gli idonei fossero - se non altro - almeno i portaborse con pubblicazioni, fuori dai piedi i portaborse senza altro titolo, e magari dentro qualche non-portaborse laborioso.

A margine del regolamento, cosa tutt'altro che scontata, escono anche i fondi per bandire i concorsi.

Facciamo un passo indietro. Per bandire un concorso, (da ricercatore, da professore associato, da professore ordinario) una facoltà (e a scendere un corso di laurea, un dipartimento, ecc...) devono avere la quota necessaria. Tralasciamo - per carità di patria - la composizione della quota, e semplifichiamo il tutto dicendo che un ordinario vale 10 punti, un professore associato cinque punti, un ricercatore due punti e mezzo. Non è proprio così, ma così si riesce a rendere bene l'idea.

Ora, una facoltà che avesse avuto dieci punti poteva bandire quattro posti da ricercatore, da assegnarsi con le nuove regole.

Uscito il regolamento - e i bandi - è partita la macchina, almeno ufficiosamente. Si cercava di capire come avrebbe funzionato in pratica il concorso con le nuove norme, si spulciavano i papabili per evitare di mettere a concorsi posti "fregabili" perchè i "propri" candidati erano troppo deboli, insomma qualcosa pareva muoversi. In un clima di feroce potatura di posti e di fondi, chi appena appena aveva la possibilità di avere un posto in più ha cominciato a muoversi.

Fino al 30 dicembre. Che è accaduto il 30 dicembre? E' uscito un decreto che sblocca per tutto il 2008 i concorsi per professori associati e ordinari da tenersi con le vecchie regole.

16 dicembre 2007

Differenze

Dei convegni stranieri mi arriva la call for papers, di quelli italiani l'invito.

12 ottobre 2007

storia del web

Tu gli dici che il web è nato nel 1602 e loro ti guardano - e si guardano - attoniti e un po' confusi.
Poi glielo dimostri.
E dopo cinque ore ti rintronano ancora le orecchie.

01 agosto 2007

Gli operosi rammendatori e i vanagloriosi straccivendoli

Perdonatemi il titolo che sta tra Lina Wertmüller e Paolo Rossi.
Ma riflette, a mio parere, due caratteristiche della filosofia italiana. Non di tutta ovviamente, ma di buona parte si.

Gli operosi rammendatori sono quelli che - spesso storici delle idee, ma non solo - dedicano tutta la vita di ricerca a personaggi interstiziali, pubblicando centinaia e centinaia di pagine su minori quattro/seicenteschi, con eruditi tomi sull'impatto della genesi del pensiero copernicano nella formazione giovanile di salpietro da forlì (*)o sulla tarda conversione al giansenismo provenzale di jean d'arles (**). Volumi dotti, in cui le pagine dedicate alle note e alla bibliografia superano spesso - fortunatamente - quelle di testo vero e proprio. La prosa è involuta, non solo per posa, ma anche per evitare di sfiorare un problema filosofico "vero".
Ricostruzioni minuziosamente microscopiche, nelle quali si prende in esame la precoce formazione latina del protagonista e si dettaglia allo spasimo la descrizione della sua biblioteca, la cui composizione si è fortunosamente salvata in una lista stilata da un lontano parente che immediatamente dopo la morte del misconosciuto avo si è venduto tutta l'erudita biblioteca (e qui di solito ci sono almeno cinque pagine di lagne sul famigerato nipote che ha misconosciuto l'importanza del patrimonio).

I vanagloriosi straccivendoli sono quelli che - spesso analitici o neopositivisti ma non solo - si lanciano in piccole summe dell'universo filosofico. E allora ecco libri agilissimi, spesso meno di cento pagine, che analizzano *tutto* il pensiero filosofico dell'illuminismo esiti fino ad Adorno compresi. Veri e propri voli fantastici nei quali si passa da Platone a Heidegger a Cartesio, si spiegano i concetti di essere/divenire, si esprimono giudizi apocalittici, si sintetizza la seconda rivoluzione scientifica e si esprimono pareri entusiasti sul prossimo futuro del pensiero. Note indecifrabili, bibliografia scarsa in generale, ma dettagliata sul primo novecento. Diciamo che fino al XX secolo mettono in bibliografia i manuali, poi tutte le pubblicazioni possibili dall'inizio del novecento fino al 1970. Oltre non si va, è una regola non scritta.

E in accademia le regole non scritte sono quelle più rispettate. A volte sono le uniche rispettate.

(*) (**) a quello che so, sono nomi da me inventati al momento. Ma non ho dubbi che, casualmente veri, anche questi due non abbiano sulla coscienza qualche tomo contemporaneo pubblicato da Olschki.

30 luglio 2007

nanotecnologie

Da qualche tempo, per le ragione più svariate, le mie letture si svagano dalle parti delle nanotecnologie. Qualche tempo fa mi era capitata sotto gli occhi l'affermazione di Chad Mirkin, Presidente dell’Istituto di nanotecnologia della Northwestern University, secondo il quale “La nanoscienza non è un settore scientifico a parte, distinto dagli altri. È una nuova ottica, un nuovo approccio alle discipline tradizionali.”
Pensavo esagerasse, e invece a quanto studio pare proprio di no.
Ci devo fare un corso su questa roba, prima o poi.