Perdonatemi il titolo che sta tra Lina Wertmüller e Paolo Rossi.
Ma riflette, a mio parere, due caratteristiche della filosofia italiana. Non di tutta ovviamente, ma di buona parte si.
Gli operosi rammendatori sono quelli che - spesso storici delle idee, ma non solo - dedicano tutta la vita di ricerca a personaggi interstiziali, pubblicando centinaia e centinaia di pagine su minori quattro/seicenteschi, con eruditi tomi sull'impatto della genesi del pensiero copernicano nella formazione giovanile di salpietro da forlì (*)o sulla tarda conversione al giansenismo provenzale di jean d'arles (**). Volumi dotti, in cui le pagine dedicate alle note e alla bibliografia superano spesso - fortunatamente - quelle di testo vero e proprio. La prosa è involuta, non solo per posa, ma anche per evitare di sfiorare un problema filosofico "vero".
Ricostruzioni minuziosamente microscopiche, nelle quali si prende in esame la precoce formazione latina del protagonista e si dettaglia allo spasimo la descrizione della sua biblioteca, la cui composizione si è fortunosamente salvata in una lista stilata da un lontano parente che immediatamente dopo la morte del misconosciuto avo si è venduto tutta l'erudita biblioteca (e qui di solito ci sono almeno cinque pagine di lagne sul famigerato nipote che ha misconosciuto l'importanza del patrimonio).
I vanagloriosi straccivendoli sono quelli che - spesso analitici o neopositivisti ma non solo - si lanciano in piccole summe dell'universo filosofico. E allora ecco libri agilissimi, spesso meno di cento pagine, che analizzano *tutto* il pensiero filosofico dell'illuminismo esiti fino ad Adorno compresi. Veri e propri voli fantastici nei quali si passa da Platone a Heidegger a Cartesio, si spiegano i concetti di essere/divenire, si esprimono giudizi apocalittici, si sintetizza la seconda rivoluzione scientifica e si esprimono pareri entusiasti sul prossimo futuro del pensiero. Note indecifrabili, bibliografia scarsa in generale, ma dettagliata sul primo novecento. Diciamo che fino al XX secolo mettono in bibliografia i manuali, poi tutte le pubblicazioni possibili dall'inizio del novecento fino al 1970. Oltre non si va, è una regola non scritta.
E in accademia le regole non scritte sono quelle più rispettate. A volte sono le uniche rispettate.
(*) (**) a quello che so, sono nomi da me inventati al momento. Ma non ho dubbi che, casualmente veri, anche questi due non abbiano sulla coscienza qualche tomo contemporaneo pubblicato da Olschki.
Ma riflette, a mio parere, due caratteristiche della filosofia italiana. Non di tutta ovviamente, ma di buona parte si.
Gli operosi rammendatori sono quelli che - spesso storici delle idee, ma non solo - dedicano tutta la vita di ricerca a personaggi interstiziali, pubblicando centinaia e centinaia di pagine su minori quattro/seicenteschi, con eruditi tomi sull'impatto della genesi del pensiero copernicano nella formazione giovanile di salpietro da forlì (*)o sulla tarda conversione al giansenismo provenzale di jean d'arles (**). Volumi dotti, in cui le pagine dedicate alle note e alla bibliografia superano spesso - fortunatamente - quelle di testo vero e proprio. La prosa è involuta, non solo per posa, ma anche per evitare di sfiorare un problema filosofico "vero".
Ricostruzioni minuziosamente microscopiche, nelle quali si prende in esame la precoce formazione latina del protagonista e si dettaglia allo spasimo la descrizione della sua biblioteca, la cui composizione si è fortunosamente salvata in una lista stilata da un lontano parente che immediatamente dopo la morte del misconosciuto avo si è venduto tutta l'erudita biblioteca (e qui di solito ci sono almeno cinque pagine di lagne sul famigerato nipote che ha misconosciuto l'importanza del patrimonio).
I vanagloriosi straccivendoli sono quelli che - spesso analitici o neopositivisti ma non solo - si lanciano in piccole summe dell'universo filosofico. E allora ecco libri agilissimi, spesso meno di cento pagine, che analizzano *tutto* il pensiero filosofico dell'illuminismo esiti fino ad Adorno compresi. Veri e propri voli fantastici nei quali si passa da Platone a Heidegger a Cartesio, si spiegano i concetti di essere/divenire, si esprimono giudizi apocalittici, si sintetizza la seconda rivoluzione scientifica e si esprimono pareri entusiasti sul prossimo futuro del pensiero. Note indecifrabili, bibliografia scarsa in generale, ma dettagliata sul primo novecento. Diciamo che fino al XX secolo mettono in bibliografia i manuali, poi tutte le pubblicazioni possibili dall'inizio del novecento fino al 1970. Oltre non si va, è una regola non scritta.
E in accademia le regole non scritte sono quelle più rispettate. A volte sono le uniche rispettate.
(*) (**) a quello che so, sono nomi da me inventati al momento. Ma non ho dubbi che, casualmente veri, anche questi due non abbiano sulla coscienza qualche tomo contemporaneo pubblicato da Olschki.
1 commento:
e poi ci sono quelli che i primi anni novanta sono storia della filosofia e vanno lasciati ai topi di biblioteca
guarda che c'è sulla homepage di analysis tra le informazioni per i contributors:
"
on topics of current interest (and note, ANALYSIS does not publish papers on the interpretation of the Great Dead Philosophers)
"
ciao,
nullo
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