Riprendiamo le fila del discorso, questa volta affrontando non il tema “blog e identità”, ma “blog ed ego”. Lo affrontiamo a partire da Nietzsche, in particolare da una delle esortazioni che vengono da La gaia scienza. In questo testo il filosofo tedesco esorta a occuparsi dei casi eccezionali e non della scienza “quantitativa”. A occuparsi del diverso – se volete – e non del quotidiano. A partire da questa considerazione nicciana voglio ragionare su una questione che fa – o dovrebbe fare – problema. Quando un blog smette di essere un diario, o una interpretazione della realtà, o una finestra sul mondo per diventare il _luogo del delirio dell’io_? E’ il blog, per qualche qualità intrinseca, un mezzo di amplificazione di quell’io “che non è più padrone in casa propria”, come diceva Freud? Esplorare i rapporti tra blog e ego non è ricerca di poco conto; il blog pare essere maschera più volte. La prima maschera è la “persona” (che in latino appunto significa maschera), poi abbiamo la maschera del blog, e questa è sempre presente, anche in coloro che non si costruiscono un’identità virtuale molto diversa da quella che percepiscono di se stessi. Chi poi costruisce un’identità apposita per il blog sovrappone alle altre un’altra maschera (o persona). Diviene quindi estremamente complicato sbrigliare questi nodi – che spesso non possono essere sbrogliati. Le cose si semplificano un po’ se a tenere il blog è qualcuno che conosciamo personalmente o del quale possiamo ricostruire buona parte della vicenda esistenziale perché persona pubblicamente nota. In questi particolari casi il nostro compito viene – parzialmente – facilitato. Naturalmente il compito diviene ancora meno difficoltoso se prendiamo ad esempio il blog di qualcuno che non sovrappone altre identità alla sua – magari si presenta anche con il suo nome “vero” – e se questo qualcuno è persona che conosciamo anche in altri contesti (non necessariamente fuori dalla rete) e quindi abbiamo la possibilità di aggiungere ai segnali, a volte impercettibili, che troviamo sul blog, altre manifestazioni a margine. Per sgombrare il campo a ogni possibilità di equivoco della lezione nicciana, diciamo quindi che il nostro percorso prende in considerazione – in primo luogo e non solo – i blog che si possono immediatamente ricondurre a una persona fisica. Di questi scartiamo quelli che sono manifestamente – almeno manifestamente – blog-diario personale, e che hanno il dichiarato intento di essere null’altro (senza alcun giudizio di merito) che la pagina dell’autore. Dal punto di vista del nostro modesto filo (rosso, va da sé) sono estremamente importanti quei blog che rimandano a una persona fisica, che si pongono come blog di contro/informazione, che hanno una – ahimé spesso inutilmente pretesa ed elementarmente implementata – visione del mondo che si riconduce direttamente a un’ideologia, o come sovente accade, a qualcosa che nella mente del blogger è vissuto come “ideologia”. Non uso il verbo “vivere” casualmente. Troppo spesso in questi “io” l’ideologia, lungi dall’essere una particolare modalità di interpretazione del reale e della storia, è confusa con la percezione di sé nel mondo. Divengono quindi le esperienze personali – spesso misere e dolorose – la chiave di volta che viene utilizzata a sostegno di un delirio sul reale. Come tutti i delirii, anche questi sono costruiti con quella che pare una logica stringente, percepita come un bisturi che opera una risistemazione della realtà che, almeno nel blog, diviene finalmente la “Realtà”, in un maiuscolo che vuole richiamare il filosofo del razionale. Il blog diviene quindi il luogo per eccellenza dedicato a una ricostruzione/interpretazione degli accadimenti reali, a maggior ragione, per eclatante esempio, quando questa ricostruzione è stata sonoramente bocciata dalla realtà stessa (per esempio il blog di qualche politico trombato in qualche elezione – non l’ultima perché troppo contigua nel tempo).
In questo caso allora il blog diviene il luogo per eccellenza dell’insulto e della diffamazione (non in senso giuridico) di coloro che sono percepiti – inutile dirlo, erroneamente – come competitivi e contendenti allo stesso premio: la pubblica opinione.
Ma torniamo all’io. Come potrebbe sopravvivere l’io, in un contesto che rivelasse l’inanità e l’inutilità del tentativo di riappropriarsi di un reale che l’ha respinto, come potrebbe prendersi cura di sé nel momento in cui comprendesse che il mondo reale l’ha seguito e lo “perseguita” anche nella virtualità? Virtualità nella quale il fallimento viene continuamente reiterato – come tormentata ferita aperta – dalla percezione che gli interventi sul blog non sono altro che ripetizioni di un tentativo di seduzione degli altri che viene continuamente frustrato? Come abbiamo detto nella seconda parte, l’immagine di noi che il mondo riflette va a costruire la nostra identità, segnandola indelebilmente. Questo è vero anche per coloro che tentano – pur mantenendo l’identità reale a stretto “contatto” da quella virtuale – di costruire un’immagine di sé che riscatti quella reale. Insomma, blog o no, un politico trombato resta un politico trombato. Con più di un accento patetico.
In questo caso allora il blog diviene il luogo per eccellenza dell’insulto e della diffamazione (non in senso giuridico) di coloro che sono percepiti – inutile dirlo, erroneamente – come competitivi e contendenti allo stesso premio: la pubblica opinione.
Ma torniamo all’io. Come potrebbe sopravvivere l’io, in un contesto che rivelasse l’inanità e l’inutilità del tentativo di riappropriarsi di un reale che l’ha respinto, come potrebbe prendersi cura di sé nel momento in cui comprendesse che il mondo reale l’ha seguito e lo “perseguita” anche nella virtualità? Virtualità nella quale il fallimento viene continuamente reiterato – come tormentata ferita aperta – dalla percezione che gli interventi sul blog non sono altro che ripetizioni di un tentativo di seduzione degli altri che viene continuamente frustrato? Come abbiamo detto nella seconda parte, l’immagine di noi che il mondo riflette va a costruire la nostra identità, segnandola indelebilmente. Questo è vero anche per coloro che tentano – pur mantenendo l’identità reale a stretto “contatto” da quella virtuale – di costruire un’immagine di sé che riscatti quella reale. Insomma, blog o no, un politico trombato resta un politico trombato. Con più di un accento patetico.
5 commenti:
Il discorso fila molto liscio ma: qual'e' il valore etico e morale della simulazione? :) Se un consigliere comunale non riesce a prendere 7000 voti alle elezioni, puo' consolarsi se ha un blog con 7000 partecipanti i quali lo voterebbero? Obietterai che bisogna concentrarsi sulla percentuale e 7000/internet e 7000/circoscrizione siano cifre diverse, ma dal punto di vista del "io ho ragione o meno" (che sembra essere il nutrimento principe del narcisismo personale) 7000 voci che gridano "hai ragione" possono bastare?
Uriel
no, non possono. si può tentare per un po' di credere che siano sufficienti, ma le crepe dell'io non tardano a prendere il sopravvento anche sul blog. e la realtà "virtuale" ha lo stesso esito di quella "reale": l'esclusione. ma solo perché è l'io che si esclude, perchè non esce dal monologo. (delirante, va da sé:-) )
ma perche' consideri "monologo" un dialogo se virtuale? dopotutto i blog "a comizio", come li chiamo io, ottengono un feedback. Cambia il mezzo, ci sono persone reali dietro. A meno che tu non viva una vita parallela (del tipo nella vita ti chiami Ugo e nel virtuale sei Samantha) , gli altri interagiscono con te come persona reale. Se parliamo di persone che si espongono personalmente, intendo. Chiaro se se l'angelo del fuoco discute con una defunta filosofa bizantina bisognera' chiedersi cosa ci sia di vero. ma se pinco pallino applaude tizio sul web, ha lo stesso valore di qualsiasi altro applauso. Secondo me tutto dipende da quanto e' distante dalla realta' il personaggio.
Uriel
Non, non considero monologo un dialogo virtuale. assolutamente. considero monologo un particolare costruzione o interpretazione del mondo laddove emerge in un blog che rappresenta una forma di riscatto da un realtà indesiderata. solo in questa ottica il dialogo diviene monologo. Sul consenso via web il discorso prende un'altra strada imho. chiaro che è un consenso molto diverso rispetto a quello di un'urna elettorale (per esempio) e può essere "costruito" molto più facilmente e 'fraudolentemente'.
Secondo me il problema e' differente: non e' tanto il discorso che il consenso sul web possa o meno essere costruito facilmente o fraudolentemente. Il problema semmai e' capire che valore abbia. 7000 voti a Codigoro bastano per diventare consiglieri comunali, a Vergato per diventare sindaco, a Roma per avere un posto da interinale nella nettezza urbana. Anche il consenso su internet puo' avere effetti, nella misura in cui non e' di nicchia. Ma in ogni caso, e' cibo per il narcisismo (una delle peggiori malattie dello spirito, epidemica in Italia) e per le manie di grandezza. Non credo che il consenso su Internet sia meno fraudolento di una Lega Nord che lo scorso governo ha avuto decine di parlamentari col 3.5%. Credo solo che abbia effetti diversi. :)
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