I superstiti dei tiranni si rifugiano ad Eleusi (Crizia è già stato ucciso in battaglia).
Ad Atene intanto si delibera una sorta di amnistia generale, alla ricerca della pacificazione della città; dall'amnistia vengono esclusi solo i reati di sangue.
Perchè c'entra il processo a Socrate con tutta questa vicenda.
Che nello stesso anno non viene processato solo lui, ma sono celebrati almeno altri quattro/cinque procedimenti, tutti a carico di persone con legami con i Trenta, e tutti - più o meno - con accuse vere, anche se pretestuose.Ma torniamo un po' indietro oppure, andiamo avanti, come preferite, che quello che sappiamo di Socrate viene scritto negli anni - e nei secoli - successivi alla sua morte.
Partiamo dal grande pubblicitario di Socrate, dal suo esperto del marketing, quello che ci ha confezionato l'immagine grandiosa del filosofo: Platone.
Il Socrate consegnato alla filosofia - e alla storia - è quello che emerge dai dialoghi platonici. Vediamone qualcuno.
Eutifrone
Socrate è convocato dall'arconte, e davanti al tribunale incontra Eutifrone. Ovviamente Socrate gli chiede cosa fa in tribunale (oh, i fatti suoi mai eh, Socrate?) e il tipo gli dice che è andato a denunciare il padre, che ha commesso un assassinio. Socrate lo convince che denunciare il padre è un atto di empietà.
Fedone
Il dialogo è ambientato in carcere. E' arrivata la nave da Delo ed è quindi l'ultimo giorno di vita per Socrate. Si sparge la voce e gli amici si precipitano da lui, e li trovano Santippe con il figlio piccolo di Socrate in braccio (talchè si può desumente che Santippe avesse una trentina d'anni meno del marito). Ben felice di sparare cazzate bevendo con gli amici Socrate, senza nemmeno salutarli, fa sbattere fuori moglie e figlio.
Cratilo
In questo dialogo Socrate discute con un seguace di Eraclito, e perde. Nonostante gli sforzi di Platone perde. Tanto è vero che l'ultima frase del dialogo è di Cratilo che dice: " Socrate [...] cerca di riflettere ancora su questo problema" (traduzione: fesso, non hai capito niente).
Teeteto
Qui la voce narrante è quella di Terpsione che, molti anni dopo, racconta il dialogo tra Socrate e Teeteto ragazzino. Qui Socrate cerca di incastrare Teodoro (che non c'è), maestro del ragazzo, e non ci riesce nemmeno. Bella correttezza, direte voi e dico io. Fortunatamente lo deve mollare per andare in tribunale (Platone insiste spesso su questa cosa del tribunale, chi frequenta usenet riconoscerà meccanismi compulsivi ben noti al limite del lamerismo), anche perchè non contento di tentare di mettere il buca il ragazzino cerca anche di sedurlo e gli da appuntamento per il giorno dopo, stesso posto, stessa ora. No dico, questo sta andando in tribunale per difendersi da un'accusa che prevede la pena di morte, parte dell'accusa è il suo comportamento verso i ragazzini...
Sofista
E' il dialogo del giorno successivo. Avendo capito che con Socrate non si vince, Platone fa intervenire un altro, e a discutere con Teeteto ci mette un straniero di Elea, che sostiene le tesi di Platone (che Socrate non sarebbe stato credibile a criticare Parmenide, e questo lo sapeva bene anche il suo allievo). Stronzo come nessuno, Platone mette un concittadino di Parmenide a distruggerlo. Qualcuno ha parlato di "messa in scena di parricidio", mi pare eccessivo ma rende l'idea della bastardaggine di Platone.
Politico
Siamo sempre nello stesso giorno. Teeteto non c'entra niente, ma c'è ancora. Socrate non lo molla un minuto il ragazzino.
Fedro
Di questo dialogo permettetemi di riportare e commentare le frasi iniziali:
FEDRO: Dalla casa di Lisia, Socrate, il figlio di Cefalo, (1) e vado a fare una passeggiata fuori dalle mura. Ho passato parecchio tempo là seduto, fin dal mattino; e ora, seguendo il consiglio di Acumeno,compagno mio e tuo, faccio delle passeggiate per le strade, poiché, a quanto dice, tolgono la stanchezza più di quelle sotto i portici.
SOCRATE: E dice bene, amico mio. Dunque Lisia era in città, a quanto pare. (qui si capisce benissimo che Socrate rosica)
FEDRO: Sì, alloggia da Epicrate, nella casa di Monco, quella vicino al tempio di Zeus Olimpio.
SOCRATE: E come avete trascorso il tempo? Lisia non vi ha forse imbandito, è chiaro, i suoi discorsi? (è chiaro che è furente, questi non solo banchettano con Lisia dalla mattina presto, ma si lasciano anche incantare dai suoi discorsi)
FEDRO: Lo saprai, se hai tempo di ascoltarmi mentre cammino.
SOCRATE: Ma come? Credi che io, per dirla con Pindaro, non faccia del sentire come avete trascorso il tempo tu e Lisia una faccenda «superiore a ogni negozio»? (e figuriamoci se non vuol sapere cosa ha detto Lisia!)
FEDRO: Senza dubbio, Socrate, l'ascolto ti si addice, poiché il discorso su cui ci siamo intrattenuti era, non so in che modo, sull'amore. Lisia ha scritto di un bel giovane che viene tentato, ma non da un amante, e ha comunque trattato anche questo argomento in modo davvero elegante: sostiene infatti che bisogna compiacere chi non ama piuttosto che chi ama. (non so a voi, ma a me questa frase fa specie, è che Socrate passa sopra anche agli insulti pur di parlare di sesso. Provate a pensare, incontrate un conoscente, e questo vi dice: "oh, proprio un discorso adatto a te abbiamo fatto, si parlava di stupri di cani" voi che fate? Socrate non fa una piega invece.
Protagora AMICO: Da dove salti fuori, o Socrate? Ma è chiaro, sicuramente torni dalla caccia al bell'Alcibiade! L'ho visto ieri l'altro, e mi è parso ancora un bell'uomo, e tuttavia ormai uomo, sia detto fra noi, o Socrate, che si è già quasi coperto di barba!
Questo dialogo comincia così:
SOCRATE: E con questo, allora? Non sei ammiratore di Omero, il quale sosteneva che l'età più grata è quella di colui al quale spunta la prima barba, appunto l'età che ha ora Alcibiade?
AMICO: E ora che fai? è veramente da lui che vieni? E in che disposizione d'animo è, il giovanotto, nei tuoi riguardi?
SOCRATE: Buona, almeno mi è sembrato; anzi, oggi in modo particolare!
Possiamo solo dedurre che insultare Socrate quando passava per la strada era sport decisamente praticato ad Atene.
E questi sono stralci scritti da chi lo difendeva, e non siamo ancora arrivati ad Aristofane.
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