14 settembre 2006

Euston Manifesto

Provo a rispondere a chi mi ha chiesto, in pubblico e in privato, le ragioni dell'adesione all'Euston Manifesto e la partecipazione alla sezione italiana dello stesso. Le riserve sono molto simili; si trova l'EM superficiale e generico, privo di contenuti e proposte legate all'analisi economica, con affermazioni talmente vaghe da poter essere sottoscritte praticamente da chiunque e allo stesso tempo forieri di chissà quali disastri pratici.
Ora, l'EM è appunto, un manifesto. Una dichiarazione di intenti che deve essere integrata necessariamente da una serie di contributi ed elaborazioni che possono (ma non necessariamente devono) portare a distinguo essenziali per quel che riguarda le possibili azioni politiche che da esso possono scaturire.
Per quel che mi riguarda ho ritenuto che le dichiarazioni di principio - di fondo, se preferite - dell'EM fossero un discrimine per potersi collocare a sinistra. Il mio personale percorso di riflessione politica deve molto all'opera di personaggi della contemporaneità quali Baumann e Sen, senza ovviamente dimenticare i "classici" da Montesquieu a Marx passando per Mill.
In questo personale e necessariamente individualistico viaggio ho maturato la convinzione che il terreno comune della sinistra, un terreno comune labile e incerto, passa attraverso i diritti dell'individuo. A mio modo di vedere chiunque sottoponga i diritti dell'individuo (al lavoro, alla salute, all'integrità fisica, alla libertà di movimento, di opinione, e chi vuole continui la lista) a altre considerazioni non può collocarsi a sinistra.
Ha certamente un'opinione rispettabilissima (a seconda dei casi) ma non può pensare di appartenere - adesso, nel XXI secolo, - ad una corrente di opinione che si richiama al progresso sociale.
L'EM ha assolto al dovere e alla necessità di tracciare dei confini e di delimitare uno spazio.
Chi nega - in virtù del consenso a una religione, del rispetto della sovranità nazionale, della tolleranza per le culture "altre", dell'affermazione di una ideologia - la possibilità anche solo teorica di portare aiuto al proprio simile nella sua esistenza concreta e terrena non si colloca a sinistra. Non so dove sta, ma io certamente sono da un'altra parte.
Dalla parte dell'EM.

7 commenti:

ipazia.dioniso at gmail.com ha detto...

ne sono contenta, lo leggerò volentieri.

Anonimo ha detto...

Eh no, per me che non sono liberale (sono democratico, ma forse non nel senso corrente del termine) la sinistra liberale non è la sinistra tout court.

Qui e oggi, fermo restando il diritto alla libertà, io sono un ostinato fautore della superiorità dei diritti collettivi su quelli individuali, nel nome dell'uguaglianza della specie umana in materia di diritti e doveri.

L'uguaglianza (concetto che applicato all'individuo è privo di senso) aiuta a porre giusti limiti all'esercizio della libertà, facendo finire quella dell'uno là dove comincia quella dell'altro, affinché non si trasformi in mero arbitrio. In una società che si rapporta alle sole esigenze dell'individuo, limiti alla libertà vengono imposti soltanto dai rapporti di forza relativi agli individui, e allora sí che vi appaiono giocoforza uomini piú liberi di altri.

Mi ostino anche a considerarmi di sinistra, per quanto riconosca volentieri che non si tratta della medesima sinistra.

Del resto l'ho già scritto che leggendo Huxley (ma financo Orwell) io tendo istintivamente a simpatizzare con la parte sbagliata, no?

ipazia.dioniso at gmail.com ha detto...

ovviamente non sono d'accordo. nemmeno con la tua affermazione che si starebbe parlando di sinistra liberale e basta. metti l'aggettivo sinistra vicino a quello che vuoi, ma imho oggi o (ri)parti dai diritti inalienabili o non vai da nessuna parte.

ma io parlo di chi vuole collocarsi nel XXI secolo :-D

ipazia.dioniso at gmail.com ha detto...

Non sono d'accordo, nememno con la tua affermazione che si tratterebbe di sinistra liberale e basta. Mettici l'aggettivo che vuoi vicino a sinistra ma oggi o si (ri)parte dai diritti dell'individuo o non si va da nessuna parte. O tu pensi davvero che, in un mondo in cui un frigofero attraversa tutte le frontiere e un individuo no, si possa ancora paventare il pericolo dei rapporti di forza? abbiamo già perso se è così.

ma, naturalmente, io parlo di chi vuole collocarsi nel XXI secolo. :-D

Anonimo ha detto...

Collocarsi alla fine del XVIII secolo non è un buon modo per confrontarsi a chi in spirito è già nel XXII e oltre!

Che si proceda pure un passo per volta, ma che almeno si sia ben consci che la scala non termina al prossimo gradino.

ipazia.dioniso at gmail.com ha detto...

un fine schermidore. touché e farò tesoro (come sempre) delle tue riflessioni.

Hari Seldon ha detto...

La superiorità dei diritti collettivi rispetto a quelli individuali mi pare una delle aberrazioni peggiori prodotte dal pensiero umano, che ha portato lutti e sciagure di non poco peso e di cui, ancora non ci siamo liberati.
Ma, per scendere su un terreno meno apocalittico, mi ricorda, o mi fa associare al ricordo, di quell'escamotage letterario escogitato da Asimov che, avvitatosi in un ciclo plurigeologico di avventure e personaggi fantascientifici, dopo aver inventato sostenuto e diffuso per quarant'anni le tre leggi della robotica (una serie di sillogismi perfetta per alimentare pagine memorabili), all'improvviso se ne esce con una legge zero che avrebbe guidato il suo eroe-robot nella difesa dell'manità intera, non del singolo essere umano come pretendevano le tre leggi originarie.
Ad Asimov si perdona tutto, tanto è il piacere di leggerlo. Alla filosofia e alla storia è bene invece non perdonare, specie quando dimostrano di aver sbagliato...