19 settembre 2006

Ratisbona

Alla fine intervengo anche io. Non mi interessa la polemica tra chi sostiene che Ratzinger avesse il diritto di dire alcune cose, con quanta consapevolezza le abbia dette, o se avesse dovuto tacere per ragioni di opportunità politica o tolleranza religiosa.
E' un altro l'aspetto che mi interessa. Ovunque ho letto che il suo discorso è stato giudicato come complesso ed erudito. Lasciatemi esprimere la mia opinione: non è né l'uno né l'altro. E che sia giudicato tale mi stupisce un po'.
(lasciamo stare chi, come .mau., premette che è complicato poi fa uno splendido post dal quale si evince che non l'ha affatto trovato così difficile).
Non è stato il discorso di un filosofo, non è stato un discorso particolarmente originale e nemmeno un discorso teologico diretto a degli specialisti.
Papa Benedetto XVI è stato docente di teologia. Un docente di teologia di livello medio/alto ma non pensatore originale e profondo. In quel discorso, tra l'altro, mi è sembrato anche che molte sottigliezze di quell'ambito di sapere - almeno attualmente - gli sfuggano.
Che sia giudicato un discorso complesso e sottile mi deprime un po', sono certa che molti studiosi presenti, al di là dell'emozione del momento, si siano anche un po' annoiati. Non ascoltavano qualcosa che ponesse particolari problemi di comprensione. Detto francamente, anzi, al di là delle due/tre citazioni erudite era qualcosa che stava a metà tra la divulgazione e il ricordo e il sentimento di un uomo che si ritrova a casa sua. Chez soi. Con tutte le ambiguità che questo comporta. E che forse in parte possono spiegare cosa è accaduto (non nel senso di una spiegazione politica).
A me quelle citazioni sono sembrate una forma di vanità, quasi un voler dire ai suoi sodali di un tempo: "vedete? adesso sono decenni che faccio altro, ma potrei ancora essere uno dei vostri, mi ricordo ancora come si fa, sono ancora bravo". Una debolezza umana estremamente simpatica, se volete.
Come un ricercatore che, passato alla divisione commerciale e tornato in laboratorio per una breve visita, volesse convincere se stesso e gli altri che è ancora uno studioso e non un fund raiser. Il pubblico può credergli, ma chi è rimasto in laboratorio sa che non è vero.

Per quel che riguarda l'aspetto "politico" della questione Michele Serra ha scritto su Repubblica di oggi qualche riga che mi sento di sottoscrivere (e di riportare qui, considerato che non l'ho ritrovata in rete):
"Se la libertà di opinione e di parola è davvero uno dei principi fondamentali sui quali si regge la baracca della nostra democrazia, allora siamo seriamente nei pasticci. Ho letto, sull'incidente tra Ratzinger e l'Islam, quasi tutto il leggibile, ma al netto di ogni distinguo su cautela e incautela, su tattiche e strategie del dialogo interreligioso, la questione della libertà di parola rimane: grossa come una casa, pesante come un macigno. Detesto i giudizi all'ingrosso sui musulmani come su qualunque altra espressione della cultura umana, ma non riesco a capire come sia possibile immaginare un futuro che escluda l'Islam dal novero delle culture criticabili.
Questo - non altri - è il punto dolente, il nocciolo infocato della questione. E' importante non offendere, è importante conoscere, è importante capire, ma se il margine della possibilità di critica e di discussione è così esiguo che si rischia ad ogni passo di urtare una suscettibilità fondata sull'indiscutibilità del Libro, il rischio è ammutolire per paura o - ed è forse peggio - per convenienza. Bisognerà porsi seriamente il problema, cercare delle soluzioni, prendere delle decisioni. E soprattutto non illudersi che le scuse di oggi, o le retromarce di dopodomani, servano a sciogliere un nodo che, in certi momenti, prende alla gola."

9 commenti:

Hari Seldon ha detto...

Sai come si dice dalle mie parti? Certo non è una citazione erudita, ma...
Mi sembra che sia come "il bove che dà di cornuto all'asino"...

ipazia.dioniso at gmail.com ha detto...

non citazione per non citazione non ho capito :-)

Anonimo ha detto...

Non male Serra.
Sono stupito.

Tb

Anonimo ha detto...

io ho solo fatto un riassunto, quelle cose che ai miei tempi ti insegnavano alle elementari: non serve capire più di tanto :-)
(e ribadisco di non avere capito le controcritiche di Ratzinger alle tre critiche sul rapporto fede-ragione)

ipazia.dioniso at gmail.com ha detto...

tu vuoi farmi lavorare?
non raccolgo. :-)

Hari Seldon ha detto...

oops! Intendevo dire che mi sembra un dibattito perfettamente inutile tra due concezioni religiose che non possono non accusarsi di essere reciprocamente in errore. Il bove che dà di cornuto all'asino, appunto.

Anonimo ha detto...

però a Ratzinger non importava tanto parlare dell'Islam (se non appunto per far vedere quanto era figo, che lui aveva studiato gente di cui noi comuni mortali non conoscevamo nemmeno l'esistenza), ma di come il cattolicesimo fosse necessariamente figlio di un "ellenismo ripulito".

ipazia.dioniso at gmail.com ha detto...

.mau.: concordo. e penso anche che fosse un discorso tutto interno al cattolicesimo. ellenismo si ellenismo no ellenismo come è una polemica che attraversa tutta la storia della teologia, cattolica e cristiana. il cristianesimo,nella sua variante cattolica in particolare, ha saputo ben usare l'eredità classica (stesso ragionamento vale per l'islam, senza il quale che ne mancherebbe più di un pezzo), anche se la classicista che è in me si ribella a questa idea. (d'altro canto se avessi almeno metà del successo di tommaso d'aquino usando quell'eredità...)

ipazia.dioniso at gmail.com ha detto...

.mau./2.
ti ho scritto in maibox per ringraziarti per la correzione delle bozze, ma mi è tornata indietro. ti ringrazio qui :-)