E l’idropico: "Tu di’ ver di questo:
ma tu non fosti sì ver testimonio
là ’ve del ver fosti a Troia richesto".
"S’io dissi falso, e tu falsasti il conio",
disse Sinon; "e son qui per un fallo,
e tu per più ch’alcun altro demonio!".
"Ricorditi, spergiuro, del cavallo",
rispuose quel ch’avëa infiata l’epa;
"e sieti reo che tutto il mondo sallo!".
"E te sia rea la sete onde ti crepa",
disse ’l Greco, "la lingua, e l’acqua marcia
che ’l ventre innanzi a li occhi sì t’assiepa!".
Allora il monetier: "Così si squarcia
la bocca tua per tuo mal come suole;
ché, s’i’ ho sete e omor mi rinfarcia,
tu hai l’arsura e ’l capo che ti duole,
e per leccar lo specchio di Narcisso,
non vorresti a ’nvitar molte parole".
Ad ascoltarli er’io del tutto fisso,
quando ’l maestro mi disse: "Or pur mira,
che per poco che teco non mi risso!".
Quand’io ’l senti’ a me parlar con ira,
volsimi verso lui con tal vergogna,
ch’ancor per la memoria mi si gira.
Qual è colui che suo dannaggio sogna,
che sognando desidera sognare,
sì che quel ch’è, come non fosse, agogna,
tal mi fec’io, non possendo parlare,
che disïava scusarmi, e scusava
me tuttavia, e nol mi credea fare.
"Maggior difetto men vergogna lava",
disse ’l maestro, "che ’l tuo non è stato;
però d’ogne trestizia ti disgrava.
E fa ragion ch’io ti sia sempre allato,
se più avvien che fortuna t’accoglia
dove sien genti in simigliante piato:
ché voler ciò udire è bassa voglia".
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