15 marzo 2007

Timeo Danaos et dona ferentes

E l’idropico: "Tu di’ ver di questo:

ma tu non fosti sì ver testimonio

là ’ve del ver fosti a Troia richesto".

"S’io dissi falso, e tu falsasti il conio",

disse Sinon; "e son qui per un fallo,

e tu per più ch’alcun altro demonio!".

"Ricorditi, spergiuro, del cavallo",

rispuose quel ch’avëa infiata l’epa;

"e sieti reo che tutto il mondo sallo!".

"E te sia rea la sete onde ti crepa",

disse ’l Greco, "la lingua, e l’acqua marcia

che ’l ventre innanzi a li occhi sì t’assiepa!".

Allora il monetier: "Così si squarcia

la bocca tua per tuo mal come suole;

ché, s’i’ ho sete e omor mi rinfarcia,

tu hai l’arsura e ’l capo che ti duole,

e per leccar lo specchio di Narcisso,

non vorresti a ’nvitar molte parole".

Ad ascoltarli er’io del tutto fisso,

quando ’l maestro mi disse: "Or pur mira,

che per poco che teco non mi risso!".

Quand’io ’l senti’ a me parlar con ira,

volsimi verso lui con tal vergogna,

ch’ancor per la memoria mi si gira.

Qual è colui che suo dannaggio sogna,

che sognando desidera sognare,

sì che quel ch’è, come non fosse, agogna,

tal mi fec’io, non possendo parlare,

che disïava scusarmi, e scusava

me tuttavia, e nol mi credea fare.

"Maggior difetto men vergogna lava",

disse ’l maestro, "che ’l tuo non è stato;

però d’ogne trestizia ti disgrava.

E fa ragion ch’io ti sia sempre allato,

se più avvien che fortuna t’accoglia

dove sien genti in simigliante piato:

ché voler ciò udire è bassa voglia".

Nessun commento: