12 luglio 2006

Giorgio Colli e Spinoza

Se non ho già parlato di Giorgio Colli in questo blog ho fatto male. E provo a rimediare. Per lunghi anni Colli cura, tra l'altro, una enciclopedia di autori classici per Boringhieri e per molti di questi scrive anche la prefazione alle opere. Queste sono state poi raccolte in un volumetto pubblicato da Adelphi con il titolo Per una enciclopedia di autori classici.

Qui voglio riportare quella dedicata all'Etica di Spinoza:

"L'Etica richiede lettori non pigri, discretamente dotati e soprattutto che abbiano molto tempo a loro disposizione. Se le si concede tutto questo, in cambio offre molto di più di quello che ci si può ragionevolmente attendere da un libro: svela l'enigma di questa nostra vita, e indica la via della felicità, due doni che nessuno può disprezzare.
Ogni filosofo vuol trovare un senso - ossia un'unità - del mondo; ma gli oggetti che deve considerare sono infiniti, e i nessi concettuali che deve stabilire tra di essi sono, se possibile, ancora più infiniti. Il vigore di un filosofo è misurato dall'ampiezza di questa rete, che egli getta sulle cose, tentando di afferrarle e di stringerle. Ma ciò che conta ugualmente, è la qualità del tessuto di questa rete. La bava del ragno dev'essere rilucente e uniforme, e tenue abbastanza da ingannare la preda. E' la forza dello sguardo, che stabilisce questa unità, lucida e avvolgente.
Per profondità di un filosofo, si intende appunto ciò, e dopo i greci, nessun filosofo è stato profondo nella misura di Spinoza. Chi si accinge a leggere l'Etica, si trova innanzitutto di fronte a difficoltà grandissime: le definizioni, gli assiomi, le proposizioni, gli scolii, si presentano come bastioni inespugnabili, quasi isolati e ostili gli uni agli altri. Ma approfondendo l'indagine, cioè scendendo nei cunicoli sotterranei di ciascun bastione, si scoprono i collegamenti. Per inoltrarsi nel buio di quelle gallerie, occorre possedere un cuore fermo, e un occhio notturno. I contrasti tra i pensieri spinoziani vanno attenuandosi, man mano che si segue centrifugamente la loro concatenazione. E chiunque si compiaccia di indugiare sull'incompatibilità di due proposizioni, dovrebbe ragionevolmente dubitare dell'ampiezza del proprio respiro intellettuale, prima che della coerenza di Spinoza. Perché il punto dove convergono i pensieri di costui - l'unità della sua visione - è sepolto in un abisso, e occorrono giorni e mesi di meditazione, per scavare sino in fondo il pozzo di ogni singola proposizione.
Se tale è la natura di Spinoza, a ben poco serve il collocarlo nel suo tempo, e studiarlo storicamente, indagando il nesso che lo lega ai filosofi precedenti, e ricercando le tracce del suo pensiero nella speculazione posteriore. Certo, egli si serve di molti concetti offerti dalla tradizione, ma li riempie dei suoi contenuti; e quando avremo stabilito i suoi presupposti culturali e i suoi influssi, continueremo a scivolare lungo la superficie di una sfera, in cui invece, come abbiamo detto, si tratta di penetrare sino al centro. D'altronde non ha senso chiederci che cosa sia vivo di lui oggi, perché l'unica risposta sincera è: nulla; tale risposta, anziché autorizzarci a trascurarlo, dovrebbe indurci a riprenderlo seriamente in considerazione. Perciò sono più stimabili, o almeno utili, i suoi denigratori che non i tiepidi e cauti ammiratori. Perché quelli fecero rumore intorno alle parole miti, ma terribili, che suggerivano agli uomini la liberazione dai miti della religione e della filosofia, dalla credenza nel libero arbitrio, dalla millenaria superstizione sul valore assoluto del bene e del male. Eppure, ancor oggi il bene e il male sono concetti assoluti, e il finalismo domina le menti degli uomini.
In Spinoza non vi sono fratture: la sua vita fu in armonia con il suo pensiero. L'uomo non si distingue dalla sua opera. E ancora, il problema della conoscenza non si divide dal problema morale. Così in ogni parte della sua opera. L'antitesi fra razionalismo e irrazionalismo, cui da secoli tutti soggiacciono, è guardata dall'alto, secondo la prospettiva del conatus. Il crepaccio che separa l'individuo dal tutto viene saldato, senza danno né per l'una né per l'altra parte. Attraverso la cosa singola si può giungere intuitivamente alla totalità: la tesi mistica è dimostrata con la ragione.
Spinoza è un'unità, mentre il mondo moderno è una molteplicità frantumata. La voce di Spinoza giunge a noi da lontano, sommessa; non chiede di essere ascoltata. L'Etica ha la fermezza di un tempio, in un paesaggio disabitato: se sapremo contemplarlo, penetrare devoti nel suo interno, conosceremo il divino."

1 commento:

Anonimo ha detto...

Incredibile cunicoli, abissi, crepacci, templi, sfere su cui o scivolare o penetrarne il nucleo
niente di più poetico in riferimento alla lettura dell'Etica.

Ciao
Francesco