L'articolo che trovate qui di seguito è stato scritto qualche anno fa - più di qualche anno fa, e lo si può comprendere dai risultati citati di una query su un motore di ricerca; qualche anno fa un'interrogazione che desse centotrenta (130) risultati era da considerare quasi inutile; - ci farò un post prima o poi su questo. Dato a parte, a me pare che le considerazioni di fondo possano ancora essere interessanti. Per gentile concessione dell'editore, che qui ringrazio.
Net-a-vision
Televisione e realtà. Tracce di una realtà che inutilmente cerchiamo nella televisione: Forse perché cerchiamo tracce di qualcosa che non c'è. Un'assenza che lascia tracce, orme, peste che noi seguiamo come si seguivano le orme dell'unicorno - convinti dell'esistenza della realtà perché ne vediamo gli indizi; nella televisione. E di indizi sull'esistenza della realtà la televisione ne sparge copiosamente. Ne sparge in tale quantità da modificare anche la nostra percezione della realtà fuori dalla tele-visione, al punto che se siamo testimoni o attori di un evento che richiama la presenza delle telecamere ne cerchiamo l'immediata conferma televisiva. In primo luogo la televisione è fiction, quindi contrapposizione alla realtà o, meglio, realtà fantastica - non voglio usare l'espressione "virtuale" perché essa richiama altri media - poi la televisione è news, informazione intorno alla realtà. Anche solo limitandoci a questi due ambiti televisivi (anche per la convinzione che tutti gli altri non siano che una contaminatio di uno dei due e spesso di entrambi) abbiamo sempre continui rimandi a qualcosa d'altro: alla realtà appunto. Non offre forse questo la televisione? Continui rimandi alla realtà; attraverso la fiction ci dice: "attenzione questa non è la realtà", attraverso le news l'avvertimento è contrario "attenzione questa è la realtà". L'intento che anima l'attivazione di entrambi gli ambiti è comunque il medesimo, portare noi - che siamo fermi di fronte allo schermo della televisione, ma anche davanti al monitor del computer nel caso del Web - altrove, mostrandoci quella realtà che altrimenti non saremmo in grado di vedere. Non potremmo vedere nel caso della fiction perché appunto "costruita" e non potremmo vedere in caso di realtà "vera", "reale" nel caso dell'informazione per l'impossibilità fisica di raggiungere tutti i luoghi che l'informazione ci porta direttamente a casa. Quante volte gli spot pubblicitari delle trasmissioni giornalistiche, ma anche dei telegiornali veri e propri promettono non solo lo scoop, ma anche l'inedito? (Dai filmati inediti dei campi di sterminio all'operazione di microchirurgia al laser?) Ma siamo certi che sia davvero così? Che lo sguardo della televisione sia uno sguardo che migliora e amplifica il nostro? Una sorta di upgrade della versione naturale e organica? Oppure dobbiamo ampliare la nostra visione al di là della tele-visione per cercare di disegnare e di capire una sorta di triplice rapporto che vede noi (il nostro sguardo), la televisione e la riflessione sulla televisione in un triangolo che non è tale - perché esiste un altro lato, quella realtà tanto promessa e cercata? E inattingibile? Il quarto lato che siamo certi esista (lo mostra la televisione!) ma che non riusciamo a disegnare, la zona morta che non riusciamo a penetrare. Non è un problema di eccesso di informazione - sebbene questo sia un aspetto da non sottovalutare, è sufficiente pensare all'esempio dei motori di ricerca sul Web che alla parola "televisione" mostrano un numero di link (e conseguentemente di siti) variabili da 65 a 130 per la sola rete italiana, è ovviamente impossibile visitarli tutti anche fugacemente - ma un problema di informazione tout court. Informazione sulla realtà in primo luogo; interrogarsi sul ruolo che la televisione gioca nella seduzione e nella manipolazione degli utenti non significa avere la certezza di riconoscere la non-manipolazione della realtà? E non è necessario interrogarsi prima sull'effettivo darsi di una realtà non manipolata? Considerando che una realtà "costruita", come nel caso della fiction è sicuramente una realtà "manipolata"; ma anche un articolo di giornale è realtà "manipolata", almeno dall'impaginatore! È uno degli inganni della tv (e di Internet) quello di portarci sulla realtà oppure è semplicemente l'inganno? Non sarà che riflettendo sulla televisione portiamo nel nostro cammino l'inganno della filosofia? Come distinguiamo tra realtà televisiva - e quindi manipolata, atta alla seduzione delle masse, macchina per la costruzione del consenso - e realtà politica fuori dallo schermo - e quindi pensata e meditata? Davvero vi è differenza "ontologica" tra il sondaggio fatto al volo per strada dalla troupedel TG2 che assolve o condanna con distinguo Bill Clinton e il cittadino ateniese che si fa scrivere da Temistocle stesso il nome sull'ostrakon? Ignoranza e informazione non sono qui miscelate nello stesso modo? Va da sé che non ho certo intenzione di affermare che il mezzo non influenza il messaggio, ma non vedo nella televisione quel Moloch divoratore della verità che a volte viene rappresentato. Non più comunque di altri media, o di altri linguaggi. Anche la presunta libertà di informazione sbandierata e tanto temuta che dovrebbe regnare sul magico mondo di Internet mi sembra davvero molto discutibile. Eppure sembra che la contrapposizione oggi in voga sia appunto questa: Internet versus televisione. L'esempio più evidente di questa supposta dicotomia risale a qualche tempo fa, quando in televisione, in politica e su Internet era di grande voga la rivolta nel Chapas; pareva allora che la verità "vera" su ciò che stava accadendo in Messico fosse rintracciabile solo sui siti Internet che divulgavano i famosi comunicati del sub-comandante Marcos, salvo poi scoprire che proprio la possibilità per chiunque di mettere in circolazione pagine Web aveva dato il destro per la costruzione di siti Internet dei ribelli messicani completamente fasulli. Un'efficienza di disinformazione impossibile da ottenersi in televisione. Che lo sguardo televisivo sia uno sguardo mendace sulla realtà pare sia un'affermazione incontestabile: "Questo mezzo offre molto a chi lo usa, ma può anche diventare uno schermo tra lo spettatore e la realtà. È un mezzo dove la falsificazione, le deformazioni e le accelerazioni del ritmo possono intervenire a tal punto da allontanare la realtà, in modo da presentare allo spettatore una realtà sostitutiva. Quando si tratta di giovani spettatori, che non hanno una sufficiente esperienza del mondo circostante, si può accusare la televisione di offrire un universo fantasmagorico che non educa gli spiriti ad affrontare la realtà, ma ne presenta loro un'altra." Questa affermazione di Starobinski non è certo fra le più radicali, Karl Popper è stato sicuramente più censorio nelle sue invettive contro il ruolo e la funzione della televisione, eppure anche Starobinski sembra preoccupato dall'invenzione della realtà messa in campo dalla televisione; ma l'invenzione della realtà non è qualcosa di molto più antico della televisione? Antico almeno quanto la filosofia o il mito. A volte mi pare che in definitiva le invettive degli intellettuali contro la tv siano le invettive di coloro che hanno visto sfuggirsi di mano il potere per eccellenza: quello di descrivere la realtà. Affermazione provocatoria la mia, senza alcun dubbio, ma l'assenza - non solo italiana - in televisione di intellettuali formatisi fuori dall'ambito di influenza della televisione mi sembra sospetta. Gli intellettuali italiani non vanno in televisione, non sanno usare il mezzo televisivo, non ne conoscono i tempi, i linguaggi, i ritmi e mettono in guardia dalla possibilità (o meglio dalla certezza) che questi tempi e questi linguaggi distolgano "i giovani" dalla realtà vera per offrirne un'altra. Queste riflessioni mi suscita la lettura della frase di Starobinski. Peraltro tratta dal Web, dal sito di una trasmissione televisiva. La realtà mostrata dalla televisione finisce per essere l'unica realtà realmente condivisibile. Come sanno bene magistrati, avvocati e inquisitori è impossibile raccogliere testimonianze identiche su di un evento reale da testimoni oculari. Ognuno di essi vede una realtà diversa, con particolari diversi, da punti di vista diversi. Con la televisione, invece, mi pare che questo accada abbastanza spesso: di fatto il punto di vista è identico per tutti, è quello scelto dalla telecamera, i particolari che si notano sono spesso gli stessi, sono quelli sui quali l'inquadratura ha voluto focalizzare il nostro sguardo, la nostra attenzione. Ci troviamo concordi su ciò che accade perché abbiamo visto la medesima realtà. E l'accusa di sottrazione di realtà che opera la televisione viene a cadere; non si sfugge al reale - al contrario - il reale si impone con una potenza schiacciante, cacciando la possibilità - se non a posteriori e con troppe cautele - dell'illusione. Dell'illusione dell'interpretazione. La televisione vuole annullare le distanze, porta ciò che è lontano vicino. La riflessione ci conduce - in prima istanza - a negare questa possibilità di avvicinamento, ma poi anche questa viene a cadere - cade la prospettiva della effettiva lontananza della televisione, che resta sempre lì a non più di due metri da noi. Metri misurabili, oggettivi. E alla stessa distanza sta ciò che essa trasmette.