Ero al primo anno di università quando ho sentito il nome, fino a quel momento sconosciuto, di Leo Strauss; era uno degli autori in programma per l'esame di filosofia morale, e tra gli altri ho scelto lui proprio perché non l'avevo mai sentito nominare. Quell'esame l'ho poi biennalizzato, Nicola Matteucci - allora ordinario di filosofia morale - era una tappa imprescindibile del corso di laurea in filosofia. [Erano due gli esami che era necessario sostenere ai nostri occhi un po' blasé di studenti di filosofia dei tardi anni '80 - filosofia morale con Matteucci e filosofia teoretica con Enzo Melandri].
Torniamo a Leo Strauss. Per quell'esame c'era in programma alcuni suoi testi, Natural Right and History (in inglese) Liberalismo antico e moderno e, per chi volesse strafare anche La tirannide.
Armata dell'entusiasmo del primo anno me li sciroppai tutti e tre. Non posso dire che mi entusiasmi Leo Strauss, ma senza alcun dubbio è uno dei pensatori etico/politici del Novecento dai quali non si può prescindere. E' un conservatore Strauss, e per di più anche reazionario, ma giocare il liberalismo antico per mostrare i guasti di quello moderno resta un'idea fortunata per la comprensione di molti schemi di comportamento filosofico (e politico). In Diritto naturale e storia Strauss recupera la nozione di diritto naturale usandola contro le teorie politiche contemporanee: attacca lo storicismo in primo luogo, e il convenzionalismo. E propone un ritorno alla ricerca della verità al di là della mutevolezza che richiama Platone - in prima istanza - ma anche Nietzsche. Negli anni immediatamente seguenti la seconda guerra mondiale, quando la filosofia vive una delle sue crisi più profonde ( e lo si vede anche attraverso l'opera di Karl Jaspers) Strauss propone un ritorno alla filosofia classica. Non è il solo, anche Hannah Arendt, in modi e con propositi diversi, "torna" ad Aristotele. E con Platone Strauss, anche davanti a una democrazia che ha eletto Hitler, chiede un "governo dei migliori", e pensa che la filosofia debba educare anche la classe dirigente. Non è un pensiero nuovo, tutt'altro. Non solo Platone e Aristotele dicono e pensano la stessa cosa, ma anche i sofisti. Non è certo una rivelazione che tutta la filosofia classica abbia come ideale la paideia. Jaeger ci ha scritto volumi sull'ideale della formazione dell'uomo greco, e l'ha fatto con l'intento che potesse essere utile per superare le crisi del Novecento. E lo stesso intento muove Strauss.
Per questi motivi mi fa un po' impressione che Strauss venga dipinto, in alcuni blog e siti italiani, come uno dei savi di sion. Cioè: prima rido e poi mi preoccupo un po'. Davvero è possibile che un libro, bello come pochi, come Persecution and The Art of Writing, dove si prendono in esame, nei secoli, i rapporti tra intellettuali e potere, nel quali si esamina il linguaggio e il rapporto con la verità, nel quali si considerano filosofi ebrei e islamici nelle loro relazioni con la religione e lo stato, possa essere scambiato per un testo per iniziati settaroli?
E che potremmo dire allora di Platone e Aristotele? Delle loro opere esoteriche ed essoteriche? E i pitagorici che non potevano rivelare ai non iniziati la filosofia dei numeri?
Ma perché la filosofia deve essere una di quelle discipline in cui tutti sono certi di avere qualcosa da dire?
Torniamo a Leo Strauss. Per quell'esame c'era in programma alcuni suoi testi, Natural Right and History (in inglese) Liberalismo antico e moderno e, per chi volesse strafare anche La tirannide.
Armata dell'entusiasmo del primo anno me li sciroppai tutti e tre. Non posso dire che mi entusiasmi Leo Strauss, ma senza alcun dubbio è uno dei pensatori etico/politici del Novecento dai quali non si può prescindere. E' un conservatore Strauss, e per di più anche reazionario, ma giocare il liberalismo antico per mostrare i guasti di quello moderno resta un'idea fortunata per la comprensione di molti schemi di comportamento filosofico (e politico). In Diritto naturale e storia Strauss recupera la nozione di diritto naturale usandola contro le teorie politiche contemporanee: attacca lo storicismo in primo luogo, e il convenzionalismo. E propone un ritorno alla ricerca della verità al di là della mutevolezza che richiama Platone - in prima istanza - ma anche Nietzsche. Negli anni immediatamente seguenti la seconda guerra mondiale, quando la filosofia vive una delle sue crisi più profonde ( e lo si vede anche attraverso l'opera di Karl Jaspers) Strauss propone un ritorno alla filosofia classica. Non è il solo, anche Hannah Arendt, in modi e con propositi diversi, "torna" ad Aristotele. E con Platone Strauss, anche davanti a una democrazia che ha eletto Hitler, chiede un "governo dei migliori", e pensa che la filosofia debba educare anche la classe dirigente. Non è un pensiero nuovo, tutt'altro. Non solo Platone e Aristotele dicono e pensano la stessa cosa, ma anche i sofisti. Non è certo una rivelazione che tutta la filosofia classica abbia come ideale la paideia. Jaeger ci ha scritto volumi sull'ideale della formazione dell'uomo greco, e l'ha fatto con l'intento che potesse essere utile per superare le crisi del Novecento. E lo stesso intento muove Strauss.
Per questi motivi mi fa un po' impressione che Strauss venga dipinto, in alcuni blog e siti italiani, come uno dei savi di sion. Cioè: prima rido e poi mi preoccupo un po'. Davvero è possibile che un libro, bello come pochi, come Persecution and The Art of Writing, dove si prendono in esame, nei secoli, i rapporti tra intellettuali e potere, nel quali si esamina il linguaggio e il rapporto con la verità, nel quali si considerano filosofi ebrei e islamici nelle loro relazioni con la religione e lo stato, possa essere scambiato per un testo per iniziati settaroli?
E che potremmo dire allora di Platone e Aristotele? Delle loro opere esoteriche ed essoteriche? E i pitagorici che non potevano rivelare ai non iniziati la filosofia dei numeri?
Ma perché la filosofia deve essere una di quelle discipline in cui tutti sono certi di avere qualcosa da dire?
2 commenti:
Bellissimo post (mi ha chiarito anche diverse cose)
Solo...beh, è vero che la filosofia è quella disciplina in cui tutti sono certi di avere qualcosa da dire ma è pur vero che la filosofia è quella disciplina che ha come campo di indagine tutto, niente escluso:...facile che prima o poi "tutti" e "la filosofia" si ritrovino a parlare insieme intorno alle cose del mondo.
> Ma perché la filosofia deve essere una di quelle discipline in cui tutti sono
> certi di avere qualcosa da dire?
Sembra cosí a te perché te ne occupi professionalmente, ma questo è in larga misura vero di tutte le discipline.
> tutta la filosofia classica abbia come ideale la paideia
Vi sono ideali peggiori.
A volte mi domando se il mio spirito di contraddizione avrebbe dissenatamente rimpianto gli scomparsi cristiani nel caso in cui Flavio Claudio Giuliano fosse riuscito nel proprio commendevole intento.
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