Jacques Derrida, Il diritto alla filosofia da un punto di vista cosmopolitico, Il Melangolo, 2003, pp. 54, euro 10,00, ISBN 88-7018-489-7;
Il testo, breve e intenso, è un mirabile esempio della capacità decostruttiva del pensiero di Derrida, che rilancia la sfida della filosofia in una articolazione raffinata tra libertà e necessità della filosofia, che emerge, come viene sottolineato nell’introduzione, dall’imprescindibile legame tra la riflessione filosofica e il luogo in essa viene inscritta. Da un lato vi è la necessità per la filosofia del legame con i luoghi istituzionali e dall’altro per quegli stessi luoghi l’esigenza di mettere in gioco il problema del diritto alla filosofia.
Quel luogo è per Derrida l’Unesco che ritiene che sia “il luogo privilegiato” per esporre la questione poiché è il luogo in cui gli stati si sono impegnati “filosoficamente” a favore di “una certa filosofia del diritto, dei diritti dell’uomo, della storia universale” (pag. 28). Il passo successivo che Derrida compie è la risposta alla domanda intorno al cosmopolitismo della filosofia e della ricerca filosofica; si tratta di comprendere la necessità del dispiegamento internazionale del diritto alla filosofia, della dimensione sovranazionale della responsabilità che deve essere assunta. Compito del filosofo è reinventare la filosofia, e l’esistenza di una istituzione come l’Unesco, e il suo dipartimento di filosofia, il fatto che l’Unesco sia, e il fatto che il suo modo d’essere sia preliminarmente filosofico, fa sì che il sistema di valori non solo consenta l’esistenza dei filosofi ma ne prescriva anche il compito, e il compito è quello dell’interrogazione intorno alla situazione che si è creata. A questo punto dell’analisi il richiamo a Kant (anche contro l’idealismo schellinghiano sulla presenza in ogni luogo della filosofia) si fa più presente e puntuale per introdurre la possibilità di superare proprio Kant. E il superamento di Kant può avvenire solo liberandosi del filo conduttore greco-europeo che egli assume, ma allo stesso tempo, evitando di rimanere invischiati – e quindi di opporre – il secco dualismo dell’ultimo secolo tra eurocentrismo e antieurocentrismo perchè esso si configura dice Derrida come coloniale e missionario; la filosofia, secondo il pensiero del filosofo francese, deve essere sempre pensata come “altra via”, è “altra via”. Sotto il nome greco, sotto la memoria europea, ribadisce Derrida, la filosofia è sempre stata “bastarda” e “innestata”. Qui i contorni della questione intorno al cosmopolitismo della filosofia cominciano a essere, allo stesso tempo, più netti e più sfumati: la filosofia si configura come ibrida e poliglotta, e ha come momento di origine della sua identità l’”esposizione all’altro”; come scrive Regazzoni nell’introduzione: “l’”a venire” della filosofia, e il suo diritto; l’avvenire del diritto e della filosofia, legati a un certo diritto alla decostruzione dell’idea di filosofia e delle istituzioni che a partire da essa si strutturano, sono affidate alle inedite forme della sua (re)invenzione dell’altro, in tutte le possibili accezioni di questo sintagma, in cui l’altro non è né il non filosofico, né l’antifilosofico, ma un altro in cui la filosofia non saprebbe forse più riconoscersi, un altro che il nome di filosofia non saprebbe e non potrebbe forse più nominare” (pag. 17).
E qui, e non altrove, si pone il problema del futuro della filosofia intrecciato con il tema della democrazia a venire, e che Derrida riassume nelle pagine finali, dandone i titoli.
In primo luogo viene sottolineata la necessità di appropriarsi dei modelli che la filosofia ha assunto nell’ultimo secolo con l’opposizione tra filosofia continentale e filosofia analitica; viene poi l’esigenza di superare i limiti che vengono posti alla ricerca filosofica, sacrificata alle esigenze dell’economia e dalla diversa valutazione che viene data ad altri ambiti di ricerca (la scienza applicata, la tecnologia).
La conclusione del discorso di Derrida torna a Kant, per sottolineare come il suo scritto sia anche un trattato intorno all’educazione, e ci offre un brano del filosofo tedesco sul quale riflettere, brano che apre la via all’esito del diritto alla filosofia.
2 commenti:
Di' la verità: stavi scrivendo 'na roba di lavoro e non ti sei accorta che la stavi scrivendo nel blog :-)
luca: peggio! non avendo tempo per scrivere sul blog ho pensato bene di infierire anche sui miei tre lettori riciclando una recensione :-D
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