Di regola, i partiti si presentano alle elezioni per vincerle, gli uni contro gli altri. E' politicamente così banale che non mi sognerei mai di sostenerla come ipotesi.
In Italia l'attuale legge elettorale fa prevedere un risultato che non consentirà a nessuno dei due schieramenti di avere i numeri per prevalere.
Anche per questo, ma non solo, il timore di molti è la cosiddetta "grande intesa" tra PD e PdL, intesa che punterebbe in primo luogo a far fuori i partiti minori con il voto e in secondo luogo ad accordarsi, ad elezioni avvenute, per governare.
Una delle tattiche di questa intesa sarebbe una sorta di teatrino elettorale nel quale Berlusconi dice la solita fesseria e tutti gli vanno dietro con commenti esecrandi, e ne ho parlato nel post precedente.
Un'altra mossa potrebbe essere quella della contiguità dei programmi, o meglio delle parole d'ordine, degli slogan, che i programmi sono ben diversi. Non a caso Berlusconi ha fatto la sceneggiata di strappare quello del PD, sostenendo che dopo il voto non l'avrebbero mantenuto. (il che significa che qualcosa di buono c'è in quel programma, se l'unica cosa che gli è venuta in mente di dire è che sarebbe stato disatteso).
Così come Berlusconi ha promesso qualche anno fa un milione di posti lavoro questa volta Veltroni rilancia con "almeno mille euro a precario".
Ora, la grande intesa non è qualcosa dovuta esclusivamente a un risultato elettorale incerto, che non consente a nessuna delle due coalizioni di prevalere, ma è una necessità dettata dalla politica. Non è possibile governare un paese CONTRO l'espressione popolare di una larga fetta di cittadini. Ci piaccia o no, una marea di italiani (lascio il compito di quantificare quanti a coloro che sono preposti) voterà PdL.
Lo voterà con Ciarrapico, con l'erede Savoia, con le veline prestate alla politica, con Dell'Utri.
Una buona parte di italiani voterà un partito mafioso, corrotto, fascista.
Cosa vogliamo fare? Ora, possiamo fare alcune cose:
1. Non votare, sputare con disprezzo sulle masse, utilizzare l'equivalente intellettuale del "signora mia, sono tutti uguali, tutti ladri". E guardare con un sardonico sorriso compiaciuto coloro che come noi si astengono dal voto, riconoscendoci a vicenda come esponenti dell'elite intellettuale del paese.
2. Votare per un partito minore, immolando il voto nel nome dell'ideale e di una visione romantica (nel senso filosofico del termine) di come vorremmo fosse il mondo invece di com'è.
3. Decidere di agire tenendo conto di necessità concrete (e qui ognuno prende la decisione che ritiene più coerente).
4. Dichiarare chiusa la partita democratica e prepararsi alla guerra civile.
Eh, si. Perchè qui non stiamo ragionando solo di Berlusconi e Veltroni. E di grandi inciuci, o larghe intese, and so on.
Stiamo parlando del fatto che una persona su due che incontriamo per strada, che lavora con noi, che ci serve il cappuccino al bar, che ci cura i calli o che ci tiene i figli vota per un partito mafioso, corrotto, fascista.
Perchè questo post si intitola Regole, ruoli?
Perchè in una situazione in cui sia le regole che i ruoli sembrano (e sono) confusi, in cui il gioco delle parti sembra più il risultato di una confusione mentale che il gioco freddo dei cinici componenti di una casta (magari fossero così intelligenti e lucidi da gestire una commedia del genere!) è necessario, secondo me, cominciare a rispettare le une e gli altri.
Ora, il sistema politico democratico (non sempre, non ovunque, ma abbastanza spesso da essere un dato di fatto e non un'ipotesi teorica) si basa sulla competizione elettorale che vede contrapposti più partiti. I partiti possono essere istituzioni che lavorano anche nell'intervallo tra un'elezione e un'altra - come accade nella maggior parte dei paesi europei, o organismi molto più "leggeri", ma anche molto più influenzabili dal potere economico, come accade negli Stati Uniti.
Gli elettori, un mondo dove regole e ruoli sono rispettati, decidono di votare in base alle loro personali inclinazioni unite alla valutazione dei programmi elettorali.
In Italia l'attuale legge elettorale fa prevedere un risultato che non consentirà a nessuno dei due schieramenti di avere i numeri per prevalere.
Anche per questo, ma non solo, il timore di molti è la cosiddetta "grande intesa" tra PD e PdL, intesa che punterebbe in primo luogo a far fuori i partiti minori con il voto e in secondo luogo ad accordarsi, ad elezioni avvenute, per governare.
Una delle tattiche di questa intesa sarebbe una sorta di teatrino elettorale nel quale Berlusconi dice la solita fesseria e tutti gli vanno dietro con commenti esecrandi, e ne ho parlato nel post precedente.
Un'altra mossa potrebbe essere quella della contiguità dei programmi, o meglio delle parole d'ordine, degli slogan, che i programmi sono ben diversi. Non a caso Berlusconi ha fatto la sceneggiata di strappare quello del PD, sostenendo che dopo il voto non l'avrebbero mantenuto. (il che significa che qualcosa di buono c'è in quel programma, se l'unica cosa che gli è venuta in mente di dire è che sarebbe stato disatteso).
Così come Berlusconi ha promesso qualche anno fa un milione di posti lavoro questa volta Veltroni rilancia con "almeno mille euro a precario".
Ora, la grande intesa non è qualcosa dovuta esclusivamente a un risultato elettorale incerto, che non consente a nessuna delle due coalizioni di prevalere, ma è una necessità dettata dalla politica. Non è possibile governare un paese CONTRO l'espressione popolare di una larga fetta di cittadini. Ci piaccia o no, una marea di italiani (lascio il compito di quantificare quanti a coloro che sono preposti) voterà PdL.
Lo voterà con Ciarrapico, con l'erede Savoia, con le veline prestate alla politica, con Dell'Utri.
Una buona parte di italiani voterà un partito mafioso, corrotto, fascista.
Cosa vogliamo fare? Ora, possiamo fare alcune cose:
1. Non votare, sputare con disprezzo sulle masse, utilizzare l'equivalente intellettuale del "signora mia, sono tutti uguali, tutti ladri". E guardare con un sardonico sorriso compiaciuto coloro che come noi si astengono dal voto, riconoscendoci a vicenda come esponenti dell'elite intellettuale del paese.
2. Votare per un partito minore, immolando il voto nel nome dell'ideale e di una visione romantica (nel senso filosofico del termine) di come vorremmo fosse il mondo invece di com'è.
3. Decidere di agire tenendo conto di necessità concrete (e qui ognuno prende la decisione che ritiene più coerente).
4. Dichiarare chiusa la partita democratica e prepararsi alla guerra civile.
Eh, si. Perchè qui non stiamo ragionando solo di Berlusconi e Veltroni. E di grandi inciuci, o larghe intese, and so on.
Stiamo parlando del fatto che una persona su due che incontriamo per strada, che lavora con noi, che ci serve il cappuccino al bar, che ci cura i calli o che ci tiene i figli vota per un partito mafioso, corrotto, fascista.
Perchè questo post si intitola Regole, ruoli?
Perchè in una situazione in cui sia le regole che i ruoli sembrano (e sono) confusi, in cui il gioco delle parti sembra più il risultato di una confusione mentale che il gioco freddo dei cinici componenti di una casta (magari fossero così intelligenti e lucidi da gestire una commedia del genere!) è necessario, secondo me, cominciare a rispettare le une e gli altri.
Ora, il sistema politico democratico (non sempre, non ovunque, ma abbastanza spesso da essere un dato di fatto e non un'ipotesi teorica) si basa sulla competizione elettorale che vede contrapposti più partiti. I partiti possono essere istituzioni che lavorano anche nell'intervallo tra un'elezione e un'altra - come accade nella maggior parte dei paesi europei, o organismi molto più "leggeri", ma anche molto più influenzabili dal potere economico, come accade negli Stati Uniti.
Gli elettori, un mondo dove regole e ruoli sono rispettati, decidono di votare in base alle loro personali inclinazioni unite alla valutazione dei programmi elettorali.
5 commenti:
E' politicamente così banale che non mi sognerei mai di sostenerla come ipotesi.
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Non trattandosi di una legge della fisica, e' un'ipotesi per forza.Dopodiche' vediamo se sia anche vera.Con questa legge elettorale, non e' affatto detto.
Uriel
il punto è che i fenomeni e le leggi della politica si osservano e si studiano con le scienze politiche e sociali, non con le scienze fisiche.
Beh, mica vero. La teoria dei giochi e' applicabilissima alle elezioni: leggi qui, per curiosita':
http://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_dell%27impossibilit%C3%A0_di_Arrow
Uriel
grazie del link, lo guardo subito. e per quel che riguarda la teoria dei giochi, si, comincia ad essere applicata da qualche scienziato della politica, sulla scia degli economisti suppongo. ma ripeto, quel che mi interessa non sono i probabili risultati delle elezioni, sui quali certamente concordo con te, ma l'analisi delle strategie elettorali.
Ipazia, i matematici si occupano del sistema elettorale dai tempi di Condorcet, non e' cosa di oggi. Il problema reale e' -se le conclusioni dei matematici siano o meno piu' efficaci-. Puo' darsi che le scienze sociali e/o politiche siano in grado di fornire delle risposte, cosi' come la teologia puo' fornire risposte normalmente dominio dei fisici. Il problema viene sempre al momento dell'applicazione. Se la teoria dei giochi applicata alla politica e' piu' efficace, e produce risultati materiali migliori, quello che otterrai e' che le multinazionali dove i top manager studiano teoria dei giochi prenderanno il potere contro i politici che studiano teorie meno efficaci.
E' il problema dell' intelligent design rispetto all'evoluzione: con la selezione naturale ci fanno gli antibiotici e con l'intelligent design no. E' ovvio che i biologi che conoscono l'una vanno a lavorare nell'industria, gli altri nei call center. E alla fine le industrie farmaceutiche che credono nell'evoluzione domineranno il mercato contro quelle che credono nell'intelligent design.
Lo stesso capitera' nel mondo del potere. Chi conosce la teoria piu' efficace , vince. E comanda.
Uriel
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