E' un articolo di Gian Antonio Stella
«Si dice, e speriamo che si dica il vero, che il ministro della pubblica istruzione, impaurito e seccato degli scandali occorsi nelle commissioni chiamate a giudicare pe' i concorrenti alle cattedre vacanti d' università, abbia in animo di abbandonare il sistema adottato quest' anno per l' elezione e la composizione delle commissioni. E si domanda: cosa farà ora il ministro?». «Già tutti i modi sono stati tentati. Primieramente fu affidato al consiglio superiore della pubblica istruzione l' incarico di nominare i professori. Ma c' era un male: al consiglio ogni facoltà, sia di lettere, sia di medicina, sia di giurisprudenza, è rappresentata da cinque membri che, si sa bene, essendo i soli competenti nella materia, erano quelli che soli potevano sentenziare con coscienza di causa; e senza appello eleggevano. Di qui l' influenza, esercitata a colpo sicuro per tutto l' anno che precedeva il concorso, da candidati sugli esaminatori antecedentemente designati dalla logica stessa del regolamento: e in un anno di tempo nessuno può immaginarsi a che cosa un candidato di buona volontà possa riuscire nell' animo d' un commissario non del tutto draconiano. Si arrivò, basti dire, a vagheggiare il matrimonio come titolo di concorso, dopo che qualche concorrente non aveva trovato miglior mezzo per riuscire di domandare entro l' anno la mano di sposa alla figliola di un commissario: il matrimonio si combinava per dopo il concorso; il fidanzato, manco a dirlo, riusciva primo, e allora glorioso e trionfante festeggiava in un giorno medesimo la cattedra e la moglie. La moralità dei concorsi banditi a scopo d' allevamento domestico e di propagazione scolastica gustava molto a qualche membro del consiglio superiore; e non è a dire se ci volle del bello e del buono per troncare lo scandalo. Pure, alla fine, lo scandalo fu levato di mezzo. E si stabilì un' altra norma...». Macché: questo sistema no, quest' altro no perché «non serve che a mascherar male l' arbitrio», quell' altro ancora no perché «è il peggiore di tutti»... Conclusione: «Il migliore, fin che non se ne trovi un altro, è ancora il secondo: lasciare libertà d' elezione alla facoltà...». Penserete: povera Gelmini! Quante grane con ' sti concorsi universitari! Macché: il ministro della Pubblica Istruzione in questione era Guido Baccelli, il suo premier non era Berlusconi ma Luigi Pelloux e al Quirinale non c' era Napolitano ma Umberto I. E il commento del Corriere della Sera, titolato «Le magagne dei concorsi universitari» e scovato negli archivi da Angelo Varni, il docente di Storia Contemporanea a Bologna che sta curando la prima parte della storia del nostro giornale per la «Fondazione Corriere», non è di questi giorni. È del 10 novembre 1898. Centoundici anni fa...
2 commenti:
insomma, tristemente, non cambia mai niente
E' la mia teoria generale della storia e dell'umanita: nulla cambia, mai.
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