E' il titolo di un vecchio libro di Bauman che vi consiglio caldamente di leggere; per essere più precisi è il titolo italiano, quello inglese suona diverso, e anche la scelta del titolo italiano mi sembra un sintomo preciso. (adesso non ho il libro sottomano, ma mi riservo di essere più chiara in seguito, e comunque non è del libro che voglio parlare, ho solo rubato il titolo).
Un chiaro sintomo della decadenza degli intellettuali - e con questa definizione in questo post voglio intendere in primo luogo filosofi, scienziati, docenti universitari - mi pare questo: si sentono legittimati e vengono legittimati, in virtù del loro ruolo professionale, ad esprimersi in pratica su qualsiasi argomento. E così ci ritroviamo un ingenuo scienziato che non distingue luoghi, definizioni e discipline (leggete il bellissimo post di azione parallela) oppure un filosofo (?) che non sapendo più che fare firma appelli imbecilli e in malafede che trattano questioni politiche delle quali non sa nulla e scrive su argomenti che professionalmente ignora.
Ecco, se un filosofo oggi è questo, cioè una persona che esprime un'opinione su qualunque cosa, pretendendo legittimazione in quanto filosofo e/o docente universitario allora io e Vattimo non facciamo lo stesso mestiere.
E meno male.
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7 commenti:
credo che il problema della tuttologia - al quale non sono certo immune nemmeno io - sia di portata molto più ampia. Ormai, almeno da noi in Italia, nessuno si sente bravo se non parla di tutto.
La cosa brutta non è tanto quello, IMO, ma il fatto di essere convinti di sapere esprimere Grandi Verità anche su cose che non si sono mai studiate, come se per osmosi la competenza in X si espandesse ovunque.
mau: hai ragione, il problema della tuttologia è più ampio e ha - in italia - radici antichi. Ma che ne siano affetti anche coloro che per mestiere, scienziati e filosofi, dovrebbero combattere l'approssimazione e la superficialità è sconsolante.
Per altro, c'è da dire che alcuni filosofi (?) italiani hanno fatto strame della loro disciplina, e non mi stupisce che abbiano lo stesso rispetto per le altre :-D
Non per difendere gli intellettuali, assolutamente. Ma non ti sembra che questa propensione tuttologa degli intellettuali faccia il paio con un atteggiamento analogo della "gente" che pretende di sputare sentenze su tutto, anche quello di cui non solo non sa niente ma che necessita, oggettivamente, di preparazione specialistica? E poi, di conseguenza, si ritrovano a osannare un guitto pingue e genovese, solo perché dice loro esattamente quello che vogliono sentirsi dire. E non è poi la stessa degenrazione che porta i genitori a non accettare valutazioni scolastiche negative per i propri figli? Insomma, abbiamo costruito una società dove, all'insegna del politicamente corretto e della democrazia, sono stati annullati ruoli e competenze, doveri e saperi, per un pressapochismo contingente che la fa pda padrone su ogni altra categoria o concetto.
altro esempio imbarazzante è la prima pagina dell'introduzione del best-seller di odifreddi (non che il resto sia meglio, è che non sono andato oltre)
però c'è da dire che qui nel mondo anglosassone c'è il problema opposto.
i filosofi si appartano, guadagnando certo indipendenza. però sembra a me che abbandonino la società. e questo è peccato, come si diceva una volta
nullo: deve esserci da qualche parte una via di mezzo. Ma se non c'è meglio il mondo anglosassone allora, dove la cialtroneria ha poco spazio.
D'altro canto in Francia per generazioni i filosofi ci hanno insegnato come sia possibile conciliare filosofia e impegno sociale (sempre che uno voglia conciliarli, non è un obbligo del mestiere).
Grazie a dio, per ogni Vattimo c'è un Odifreddi, insomma nemmeno gli "scienziati" sono immuni.
Ma è poco consolante.
nullo: rileggendo il commento che ho scritto in fretta vedo che può essere ambiguo. A scanso di equivoci:
Odifreddi è un cioccapiatti. (come si dice dalle mie parti)
Riccardo: si, ma credo che gli intellettuali abbiano qualche responsabilità in più. O, almeno, dovrebbero essere dotati di senso del ridicolo.
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