31 marzo 2006

Rosalucsemburg o dell'invidia

Ecco di scrivere divertissement come questo sono totalmente incapace.
E mi rodo.

Rassegnatevi

Se continua in questo modo le segnalazioni ai post di Eugenio Mastroviti in questo blog non mancheranno mai. Multiculturalismo uno e multiculturalismo due.
Tanto di cappello.

30 marzo 2006

Qualcosa non funziona

Oggi mi chiama Rusconi (la casa editrice, non la persona fisica) per chiedermi di scrivere una prefazione al Teeteto di Platone; qualche ora dopo vengo informata che l'istituto Sant'Anna di Pisa mi invita a un seminario sulla scienza nell'antichità.
Molto lusingata accetto entrambe le proposte.
Sono almeno cinque anni che cerco di occuparmi di filosofia contemporanea. Che sia il caso di mettere in piedi una giornata di studi sulla comunicazione filosofica?

25 marzo 2006

Diario

Alcuni amici mi hanno rimproverato perché non assolvo alla principale funzione che dovrebbe avere un blog: quella di dare conto della giornata del suo referente.
Sono un po' in imbarazzo, quando giro per blog altrui mi rendo conto che molta gente ha una vita decisamente più interessante della mia. Se però vi interessa sapere, per esempio, (ma perché?) cosa ho fatto oggi me la cavo in fretta.
Ho finito di leggere il libro di Julia Kristeva su Hannah Arendt e ho scritto quasi mezza cartella del mio libro sul mito. (e questa per chi mi conosce è davvero una notizia).
Tutto qui.
ps. La stesura della mezza cartella ha ovviamente comportato un netto rialzo del consumo quotidiano di nicotina; a questo proposito ho un appello: fino a diciotto mesi fa compravo le Marlboro medium su internet, su un sito ucraino che le vendeva a dieci (10!) euro la stecca. L'ho fatto per qualche anno senza problemi poi improvvisamente mi hanno comunicato che non spedivano più in italia. Qualcuno dei miei (pochi, ahimé, ma fumatori!) lettori ha notizia di un qualche sito web che possa sostituire quello perduto?

21 marzo 2006

Morale

Da: Hannah Arendt Responsabilità e giudizio, pp. 83-84 :

"La morale concerne l'individuo nella sua singolarità. Il criterio del giusto e dell'ingiusto, la risposta alla domanda "cosa devo fare?" non dipende in sostanza dagli usi e costumi che io mi trovo a condividere con chi mi vive accanto, né da un comando di origine divina o umana - dipende solo da ciò che io decido di fare guardando a me stesso. In altre parole, io non posso fare certe cose, poiché facendole so che non potrei più vivere con me stesso. Questo vivere-con-se-stessi è qualcosa di più della coscienza o dell'autocoscienza che sempre mi accompagna nel fare certe cose e nel dire che le sto facendo. Essere con se stessi e giudicare se stessi è qualcosa che concerne il pensiero, e ogni processo di pensiero è un'attività in cui io parlo con me stesso di tutto quanto accade e mi riguarda. Il modo di esistere tipico di questo dialogo silenzioso tra me e me lo chiamerà adesso solitudine. Ciò significa che la solitudine è qualcosa di diverso dal semplice stare da soli, e soprattutto è qualcosa di diverso dall'isolamento."
Perché questa citazione? Perché tra qualche tempo dovrò fare un intervento sulla morale e mi piacerebbe cominciare con questa frase della Arendt.

Grazie Eugenio

Come muore un italiano?

17 marzo 2006

La luminosa fine di una giornata uggiosa

Non è nato sotto una buona stella questo venerdì 17 marzo. Alle 03.00 am stavo sudando sulla teoria delle catastrofi di Thom per finire di preparare le lezioni di filosofia contemporanea di oggi; poi non ne ho parlato perchè proprio quando volevo introdurre l'argomento siamo a dibattere (io e gli studenti) di identità, postmoderno e quant'altro (incluso Nietzsche e Bonhofer). Così, mentre tornavo in moto verso casa - una suzuki 600 rosso fuoco è un balsamo per l'anima - riflettevo che potevo dormire almeno un'ora in più. In più, proprio quando imbocco un rettilineo di cinque chilometri senza autovelox comincia a piovere e mi gioco anche lo slego con la moto. Guido come se l'asfalto fosse piastrellato di uova con l'aviaria e l'incazzatura sale. Ho fatto lezione dalle 9 alle 14, dopo aver dormito quattro ore e nell'unico momento della giornata in cui posso slegare l'anima e lanciare la moto mi tocca arrancare ai cinquanta all'ora. Il comando a distanza del cancello non funziona, bestemmio, mi fermo, metto il cavalletto laterale e rischio di crollare a terra per il ghiaino che Istrati non ha rastrellato; il Pil della Romania è sceso di almeno un mezzo punto percentuale dopo le mie fervide riflessioni sul QI dei suoi abitanti. Facciamola breve: una giornata da dimenticare - tranne che per le ore di lezione.Accendo il monitor - il pc è sempre acceso e connesso -, lancio icq. E mi arriva dritto un insulto che cambia il colore della mia giornata. Dal chaos si passa al cosmos, epperò l'ebbrezza di Dioniso pervade l'aria accompagnato dalla cristallina purezza di Apollo. Il mondo riacquista un senso armonico di sfrenata allegria.
Signori: Candide

15 marzo 2006

Felicità

La cosa che mi ha più colpito del dibattito di ieri sera è stata la chiusura di Prodi con il richiamo alla felicità. Inaspettato e sincero. Per un momento si è aperto uno squarcio di luce che ha illuminato la polvere e le ragnatele. Bene ha fatto il professore, dopo le cifre, le proposte, le accuse e le difese a ricordare che quello che chiediamo alla vita, alla politica, all'amore, agli altri e a noi stessi è questo: la felicità.

11 marzo 2006

Leo Strauss

Ero al primo anno di università quando ho sentito il nome, fino a quel momento sconosciuto, di Leo Strauss; era uno degli autori in programma per l'esame di filosofia morale, e tra gli altri ho scelto lui proprio perché non l'avevo mai sentito nominare. Quell'esame l'ho poi biennalizzato, Nicola Matteucci - allora ordinario di filosofia morale - era una tappa imprescindibile del corso di laurea in filosofia. [Erano due gli esami che era necessario sostenere ai nostri occhi un po' blasé di studenti di filosofia dei tardi anni '80 - filosofia morale con Matteucci e filosofia teoretica con Enzo Melandri].
Torniamo a Leo Strauss. Per quell'esame c'era in programma alcuni suoi testi, Natural Right and History (in inglese) Liberalismo antico e moderno e, per chi volesse strafare anche La tirannide.
Armata dell'entusiasmo del primo anno me li sciroppai tutti e tre. Non posso dire che mi entusiasmi Leo Strauss, ma senza alcun dubbio è uno dei pensatori etico/politici del Novecento dai quali non si può prescindere. E' un conservatore Strauss, e per di più anche reazionario, ma giocare il liberalismo antico per mostrare i guasti di quello moderno resta un'idea fortunata per la comprensione di molti schemi di comportamento filosofico (e politico). In Diritto naturale e storia Strauss recupera la nozione di diritto naturale usandola contro le teorie politiche contemporanee: attacca lo storicismo in primo luogo, e il convenzionalismo. E propone un ritorno alla ricerca della verità al di là della mutevolezza che richiama Platone - in prima istanza - ma anche Nietzsche. Negli anni immediatamente seguenti la seconda guerra mondiale, quando la filosofia vive una delle sue crisi più profonde ( e lo si vede anche attraverso l'opera di Karl Jaspers) Strauss propone un ritorno alla filosofia classica. Non è il solo, anche Hannah Arendt, in modi e con propositi diversi, "torna" ad Aristotele. E con Platone Strauss, anche davanti a una democrazia che ha eletto Hitler, chiede un "governo dei migliori", e pensa che la filosofia debba educare anche la classe dirigente. Non è un pensiero nuovo, tutt'altro. Non solo Platone e Aristotele dicono e pensano la stessa cosa, ma anche i sofisti. Non è certo una rivelazione che tutta la filosofia classica abbia come ideale la paideia. Jaeger ci ha scritto volumi sull'ideale della formazione dell'uomo greco, e l'ha fatto con l'intento che potesse essere utile per superare le crisi del Novecento. E lo stesso intento muove Strauss.
Per questi motivi mi fa un po' impressione che Strauss venga dipinto, in alcuni blog e siti italiani, come uno dei savi di sion. Cioè: prima rido e poi mi preoccupo un po'. Davvero è possibile che un libro, bello come pochi, come Persecution and The Art of Writing, dove si prendono in esame, nei secoli, i rapporti tra intellettuali e potere, nel quali si esamina il linguaggio e il rapporto con la verità, nel quali si considerano filosofi ebrei e islamici nelle loro relazioni con la religione e lo stato, possa essere scambiato per un testo per iniziati settaroli?
E che potremmo dire allora di Platone e Aristotele? Delle loro opere esoteriche ed essoteriche? E i pitagorici che non potevano rivelare ai non iniziati la filosofia dei numeri?
Ma perché la filosofia deve essere una di quelle discipline in cui tutti sono certi di avere qualcosa da dire?

06 marzo 2006

Blog (parte seconda)


Ci siamo lasciati qualche giorno fa con una prima parte che apriva il discorso su "blog e identità", prima di continuare è bene definire i termini: se per "blog" in parte l'abbiamo fatto, per "identità" la questione è aperta e spinosa assai, anzi Spinoza assai.
Il buon Baruch è uno dei miei numi olimpici, una fiaccola nel buio, assieme a Nietzsche (come si evince dal sottotitolo del mio blog), a Machiavelli e a qualcun altro che svelerò se continua la mia avventura di blogger.
Nel frattempo, sia Spinoza che Nietzsche in tema di identità e di ricerca della stessa sono certamente compagni illuminanti, non solo per quel che riguarda la loro produzione filosofica ma anche - e come potrebbe essere diversamente? - anche nelle vicende esistenziali.
Non ho intenzione di annoiarvi con lunghe dissertazioni intorno alla questione “identità”, considerato che è un problema, per molti versi, al centro del dibattito filosofico di questo secolo - e non solo, se diamo retta a Michel Foucault.
Diamo per acquisito, per il momento, che la costruzione identitaria ha a che fare con la definizione di sé e degli altri, con la ricerca di un'ancora del sé che in taluni casi – da non generalizzare – sconfina nella costruzione di un reale in cui sia possibile proiettare il male “fuori da sé”.
In questa accezione la costruzione di una identità che abbia, almeno formalmente, tutti i requisiti per “resistere” al mondo passa attraverso – in primo luogo – a una contrapposizione che permetta all'io di dare confini e limiti ben precisi al male e al dolore. Se questa contrapposizione viene vissuta come appartenente alla “polis”, diviene giocoforza necessario - perché il rischio, quasi una certezza, di perdersi è immensamente alto - proiettare male e dolore su chi viene strutturato come “ancora più inferiore” (perdonatemi l'italiano che grida vendetta).
Immaginate di appartenere a una minoranza che non viene percepita a prima vista come dominante, che so, l'universo femminile. [So bene che le cose non stanno in questi termini, ma qui vogliamo esaminare il punto di vista, la percezione, il vissuto di una identità costruita all'interno di un blog].
Immaginate quindi di appartenere a una minoranza di genere, quello femminile appunto. Immaginate di essere giovani donne nei primissimi anni 80; in un periodo in cui il mondo italico si divideva tra il rampantismo degli yuppies – che pagavano salatissimo in termini esistenziali la loro fulgida (?) immagine di successo – e quel poco di libertarismo rimasto degli anni '70, appena sfiorato per limiti anagrafici. Immaginate di essere quindi giovani donne, magari appartenenti a una minoranza all'interno di una minoranza; che so, donne e gobbe o donne e racchie o donne e nere.
A quel punto non siete più donne e qualcos'altro. Ma siete solo qualcos'altro: siete nere, siete gobbe, siete racchie. E basta. Niente e nessuno vi concederà mai un attimo di tregua, non potete mai dimenticare quella parte che ha preso il posto del tutto. E come una pianta costretta ad assumere le forma che il luogo in cui cresce le concede anche la vostra mente, anche la vostra sensibilità, anche il vostro “io” - quell'ospite in casa propria - assume la forma che il mondo vuole. (2. continua).

03 marzo 2006

Era ora

Era ora che rosalucsemburg sbarcasse nel fantastico e rutilante mondo dei blogger.
Anche perchè mi risparmia il post di oggi, sono a pezzi dopo nove (9) ore di lezione di filosofia antica. E quindi ne approfitto spudoratamente e vi invito a leggere sindrome da consegna stressogena compulsiva. Beh, io nemmeno le ricerche su google faccio.